Chiesa

Bassetti apre l’incontro di Firenze: dalle Chiese energia spirituale per il Mediterraneo

Il presidente della Cei si rivolge a vescovi e sindaci ricordando che popoli e città possono svolgere un ruolo straordinario per la fraternità

Un cammino sulla strada della speranza, così il presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, definisce il percorso intrapreso dai vescovi del Mediterraneo a Bari due anni fa e che ha portato 60 presuli e altrettanti sindaci di importanti città al secondo incontro che si è aperto oggi a Firenze. Due anni in cui il mondo è stato stravolto dal Covid-19. “La pandemia ha accresciuto le divisioni sociali e ha funzionato come evidenziatore e moltiplicatore dei problemi. Naturalmente non si sono moltiplicate solo le divisioni e le crisi, ma sono aumentate anche le espressioni di solidarietà e di amicizia”, afferma Bassetti. E con uguale apprensione rivolge un pensiero ai “nostri fratelli schiacciati dalle guerre, dalla fame, dal cambiamento climatico, alcuni dei quali muoiono di freddo ai confini dell’Europa o annegano nel Mediterraneo”. Loro, dice, “sono i primi e privilegiati destinatari dell’annuncio evangelico”.

Restituire alla Chiese il respiro Mediterraneo

Nel ricordare gli scopi di questo processo avviato nel capoluogo pugliese, il porporato riprende il discorso tenuto da Papa Francesco nel 2020 nella Basilica di San Nicola: “Ecco l’opera che il Signore vi affida per questa amata area del Mediterraneo: ricostruire i legami che sono stati interrotti, rialzare le città distrutte dalla violenza, far fiorire un giardino laddove oggi ci sono terreni riarsi, infondere speranza a chi l’ha perduta ed esortare chi è chiuso in sé stesso a non temere il fratello”. Il cardinale riassume poi la sfida con queste parole: “Restituire alle nostre Chiese e alle nostre società il respiro mediterraneo; riscoprire l’anima autentica che ci accomuna da secoli; promuovere la ricostruzione di un luogo di dialogo e di pace”. Il porporato ricorda quindi che sindaci e vescovi del Mediterraneo sono riuniti a Firenze “per riflettere sul ruolo delle nostre città e delle nostre Chiese nella costruzione di un Mediterraneo della solidarietà, capace di superare le sue crisi e i suoi drammi”. Il presidente della Cei fa poi una panoramica sull’attuale “sistema internazionale” che “non sembra aiutare la crescita e lo sviluppo integrale dei popoli del Mediterraneo”, ed elenca le molte le crisi che coinvolgono il Mediterraneo: Balcani, Medio Oriente, Maghreb e, per ultimo, il Mar Nero.

Promuovere la valorizzazione della persona umana

Il porporato guarda poi alle contraddizioni scaturite dalla globalizzazione e nello stilare un bilancio nota che “le nuove democrazie, purtroppo, sono molto fragili e alcune di quelle che si ritenevano mature sono entrate in crisi; la diseguaglianza sociale è cresciuta intensificando il malessere nelle nostre società; i flussi migratori sono aumentati, depauperando i paesi di origine e generando marginalità e violenza in quelli di transito e destinazione”. Il presidente Cei fa tuttavia notare che “l’accresciuta interdipendenza dei popoli se ben guidata è, infatti, una grande opportunità di crescita dell’umanità”. Quindi “come comunità cristiane abbiamo il dovere morale e il compito missionario di favorire e promuovere, con fede e coraggio, nuovi equilibri internazionali basati, prima di tutto, sulla difesa e la valorizzazione della persona umana, oltre che su una solidarietà fattiva e concreta”. Il cardinale attinge poi i versi del poeta Salvatore Quasimodo per riflettere sul fatto che “la pietra e la fionda” spesso sono ancora i mezzi per regolare la vita sul nostro pianeta ed esorta poi ad ascoltare il grido di amore e carità espresso dalle diverse comunità religiose.

Secondo il cardinale, non c’è alternativa al negoziato globale. “Anche il Covid-19 – spiega ancora – ci ha messi davanti alla necessità di passare dal paradigma del più forte a quello cooperativo e della solidarietà”. Per questo serve “una sanità equa e giusta per tutte le persone della terra”. Bassetti chiede poi di fermare la corsa al riarmo e di rilanciare una sanita universale. “Prendersi cura della persona umana ferita – sottolinea – rappresenta da sempre un segno distintivo della carità cristiana”. Il porporato parla poi della fratellanza umana come “valore trascendente” e cita l’enciclica Fratelli tutti, dicendo che l’aspirazione alla fraternità non si deve limitare alle parole ma necessita una concreta attuazione da parte di tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Bassetti guarda anche ai processi che configurano la costruzione della duplice e intersecata “casa comune” europea e mediterranea. “Una casa comune europea e una casa comune mediterranea che è quella che qui noi rappresentiamo – afferma -. I processi culturali, sociali e spirituali che costruiscono queste due case sono correlati: si sostengono o si paralizzano vicendevolmente”.

Il ruolo delle città

Il presidente dell’episcopato italiano vede un’interdipendenza nel destino dei popoli europei e del Mediterraneo: “Per questi motivi, occorre animare nei nostri popoli la persuasione che il solo principio di potenza non è in grado di garantire sicurezza; il ricorso alla forza non ha risolto alcuna crisi, ma è la causa principale delle loro sofferenze”. Il cardinale ricorda quindi i venti di guerra dall’Ucraina: “Gli Stati non sembrano avere la forza di superare il meccanismo strutturato dai rapporti di forza”. “I nostri popoli, le nostre città e le nostre comunità religiose, invece, possono svolgere un ruolo straordinario: possono spingerli verso un orizzonte di pace e di fraternità”. Bassetti ritiene che le città possono collaborare all’unità del mondo e cooperare insieme, rivendicando un ruolo internazionale e dando vita a quella che La Pira definiva come la civiltà del “pane e della grazia”.

Le Chiese offrano energia spirituale

Il cardinale entra quindi nel merito del ruolo che possono svolgere “le nostre Chiese mediterranee”, offrendo “energia spirituale e saggezza millenaria al contesto odierno del Mediterraneo”. Indica quindi come prima dinamica ciò che fa nascere la Chiesa: la testimonianza della Resurrezione di Cristo. “La nostra fede in Gesù Risorto – prosegue – alimentata dalle nostre diverse tradizioni liturgiche, dall’ascolto della Parola, dalla vita fraterna, dall’amicizia, non deve rimanere al nostro interno. Essere testimoni della resurrezione di Cristo, cosa ben diversa dal proselitismo, significa risplendere della speranza che la nostra vita e quella del nostro prossimo sono pensate e custodite fin dall’eternità e per l’eternità da un Dio che è Amore”. Questa certezza, secondo il porporato, ci immette e ci mantiene in una dinamica di liberazione da ogni preoccupazione terrena: dall’istinto di dominio, dalla logica della fionda e della pietra. “Ecco perché la testimonianza dei tanti martiri dei nostri tempi, martiri miti, nonviolenti, è così preziosa”. In questa corniche, “l’autentica identità cristiana è il Cristo vivente che unisce la famiglia umana”.

Ecumenismo e dialogo alimentano mistero della Salvezza

La seconda dinamica, ricorda il cardinale, nasce dalla ricezione sempre più profonda del Concilio Vaticano II, secondo cui “la nostra comunione è il germe fecondo dell’unità del genere umano: ne deriva che l’ecumenismo, il dialogo interreligioso, il dialogo con chi non professa alcuna religione, la collaborazione per la costruzione della pace, della giustizia, per la lotta alle nefaste conseguenze del cambiamento climatico non sono solo relazioni con gli altri, ma alimentano la nostra comprensione del mistero della Salvezza e lo rendono dicibile agli uomini del nostro tempo”. La via del Vangelo è quindi la via dell’ascolto, della curiosità, della gratitudine per i cammini di vita che il Signore suscita anche fuori dai recinti delle nostre strutture ecclesiali, tanto preziose quanto difficili da rinnovare.

Monasteri centrali di preghiera

l presidente della Cei si sofferma poi sulla terza dinamica, ovvero il primato della contemplazione che può essere affermato con la valorizzazione della rete che le monache del Mediterraneo. “Per La Pira – ricorda Bassetti – i monasteri erano avamposti del Vangelo e della Chiesa, centrali nucleari di preghiera alternative ai missili. Oggi lo sono ancora di più, non solo nelle terre di missione ma anche nella vecchia Europa. I giovani, non solo in Europa, vivono questo paradosso: respirano molteplici tradizioni religiose e al tempo stesso sono immersi nella cultura materialista del consumo e dell’individualismo. Il primato della contemplazione e la cura dell’interiorità sono ciò che permette loro di accedere alla ricerca del senso della vita, in maniera libera e non bulimica e superando i due rischi opposti, ma ugualmente devastanti, del «consumo non impegnativo dell’offerta religiosa e dell’identitarismo”.

L’intelligenza della fede

La quarta dinamica è quindi l’intelligenza della fede. “Raccogliamo l’invito fatto da Papa Francesco a Napoli e adoperiamoci perché le nostre Chiese, insieme, producano una teologia del Mediterraneo, una teologia non astratta ma contestuale. È un debito che abbiamo nei confronti della Chiesa universale perché le nostre Chiese sono depositarie della ricchezza millenaria di tradizioni liturgiche, spirituali, patristiche, bibliche e teologiche”. Le tradizioni greche, siriache, latina, copta, slave sono nate e convergono nel Mediterraneo e il paradigma ecumenico fa sì che esse non ci dividano più, ma ci uniscano e arricchiscano reciprocamente. Bassetti osserva poi che a fronte delle rigidità che si erigono attorno alle questioni divisive, c’è un dibattito teologico ricchissimo di cui il Mediterraneo è il naturale luogo di raccolta e di elaborazione e la naturale cassa di risonanza.

L’apporto mediterraneo al processo sinodale

Infine, la quinta dinamica è quella dello specifico apporto mediterraneo al processo sinodale della Chiesa universale. Esso ancora manca al percorso sinodale della Chiesa, ma darebbe tanta concretezza e anche tanto coraggio di accettare – all’interno della comunione cattolica – la diversità delle prospettive teologiche e degli approcci pastorali. Bassetti conclude ricordando David Sassoli e un suo discorso pronunciato proprio a Firenze, in cui il presidente del Parlamento Europeo parlò dell’attualità dell’insegnamento di La Pira che riteneva che il comune riferimento delle religioni monoteiste ad Abramo poteva costituire il polo magnetico attorno al quale costruire questi nuovi rapporti Euromediterranei: “Colgo queste parole come la consegna di un mandato Politico, con la P maiuscola, che appartiene alle nostre città, ma anche direttamente a noi vescovi e alle nostre Chiese”.

Draghi: dialogo sul divino porti messaggio di fratellanza

L’apertura dell’incontro “Mediterraneo, frontiera di pace” è stata presenziata anche dal presidente del Consiglio dei ministri dell’Italia, Mario Draghi. “Mi auguro che un dialogo sul divino, che nasce dalla volontà di superare differenze, incomprensioni che affliggono gli uomini da secoli, porti un messaggio di fratellanza in un momento di forte tensione per l’Europa”, afferma il premier all’inizio del suo intervento, subito dopo aver ringraziato la Cei per l’invito. Il premier italiano ricorda quindi i Colloqui mediterranei, voluti da Giorgio La Pira, che nascevano dalla convinzione che le nazioni che si affacciano sul mare avessero un “destino comune”. “L’incontro di oggi e quelli dei prossimi giorni – evidenzia – sono un invito a sviluppare questa visione a partire dalle città, che sono sempre più il centro della vita della regione e a lavorare perché il Mediterraneo sia un laboratorio di pace, tolleranza, prosperità, al centro dell’Europa”.

Occuparsi delle nuove generazioni

Secondo il presidente del Consiglio, “occuparsi del Mediterraneo, vuol dire prima di tutto occuparsi delle nuove generazioni” per questo è necessario investire sui giovani, “nella scuola, nella formazione e creare le condizioni per investimenti e posti di lavoro. Perché il Mediterraneo sia davvero un mare di opportunità”. Nel suo intervento Draghi mette in risalto anche il tema della tutela dell’ambiente, perché il Mediterraneo è “regione particolarmente vulnerabile agli effetti dei cambiamenti climatici, come la siccità, l’aumento dei livelli del mare, le ondate di calore”. “L’emergenza climatica  – prosegue – ci impone di accelerare nella transizione ecologica, in modo rapido ma sostenibile per cittadini e imprese” ma in questo percorso è necessario “aiutare in particolare i più deboli a sostenerne i costi”.

Cogliere opportunità della transizione ecologica

Draghi vede quindi nella transizione ecologica grandi opportunità per chi ha il coraggio di investire che i Paesi del Mediterraneo devono coglierle per proteggere il pianeta e avviare i giovani verso le professioni del futuro. Le scarse opportunità lavorative si legano secondo Draghi anche l’instabilità politica che “contribuisce a indurre decine di migliaia di persone, tra cui molti giovani, a emigrare non solo per opportunità, ma per necessità”. “Un fenomeno – continua il premier italiano – che attualmente porta con sé enormi rischi per chi arriva in Europa dal Nord Africa o dai Balcani. E che al momento rappresenta un problema per i Paesi di origine, che perdono energie vitali, e per i Paesi di arrivo, che spesso faticano a integrare i nuovi arrivi, ad accoglierli con dignità”. Serve dunque una gestione del fenomeno condivisa, “perché non basta contrastare i flussi illegali, ma serve curare con attenzione l’accoglienza, perché non possiamo essere indifferenti rispetto alle sofferenze dei migranti”.

La tutela delle minoranze religiose alimenta dialogo

In questo contesto Draghi sostiene che le autorità religiose svolgono un ruolo fondamentale nel costruire una cultura di dialogo e di ascolto tra culture e fedi diverse. “Avvertiamo la necessità della vostra opera di bene, dell’educazione all’amore, che rappresenta l’essenza della fede – prosegue Draghi -. L’amore per sé stessi, senza cui viene meno il rispetto della dignità umana. L’amore per la propria cultura, che non ammette l’intolleranza, ma è stimolo alla curiosità”. Per questi motivi, “la cultura del dialogo e della fratellanza si ricerca anche nella tutela delle minoranze religiose, che ancora oggi incontrano limiti alla libertà di culto, anche nel Mediterraneo. Le comunità cristiane e religiose offrono molti esempi di amicizia, fraternità e apertura nei confronti delle altre fedi monoteiste”.

La pace si ottiene con il contrasto alle diseguaglianze

Guardando sempre al quadro internazionale, Draghi riconosce che “la stabilità e la pace si organizzano nelle istituzioni, ma si costruiscono nel contrasto quotidiano alle diseguaglianze, all’odio e all’ignoranza. Penso alle politiche di integrazione e vicinato, agli investimenti infrastrutturali: tutti processi che favoriscono la crescita e lo sviluppo”. “Le autorità civili e religiose – aggiunge – hanno un ruolo fondamentale nel coltivare un senso di responsabilità diffuso senza il quale questi progetti non possono avere successo”. Il presidente del Consiglio ritiene che questa responsabilità condivisa ci richiama a proteggere il mare e tutto il patrimonio naturale, a fornire nuove opportunità a chi cerca lavoro e maggiore rappresentanza ai giovani e alle donne e ci impone di tutelare la pluralità delle nostre identità, di favorire il dialogo tra culture diverse e tutelare le minoranze, etniche e religiose. Draghi chiude il suo intervento riferendosi alla crisi in Ucraina e poiché “la convivenza, la fratellanza, la tolleranza che celebriamo in questo incontro devono realizzarsi anche oltre i confini della regione in cui viviamo”. “Gli eventi in Ucraina ci portano a ribadire che le prevaricazioni e i soprusi non devono essere tollerati – conclude -. Avete scelto di mettere la vostra spiritualità, la vostra profondità di pensiero, al servizio dei più deboli. Possa il vostro messaggio di pace diventare anche il nostro e risuonare forte laddove si cerca lo scontro e si rischia la guerra”.

da Vatican News