Bagnasco: il gioco d’azzardo «è una piaga individuale e sociale»

Il gioco d’azzardo è «una piaga individuale e sociale che corrompe l’anima, la mente, il modo di pensare e, quindi, di vivere di giovani e adulti promettendo una vita facile e devastando, distruggendo, la persona e la sua vita come singoli e, di riflesso, come famiglia».

Così l’arcivescovo di Genova e presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, presentando la pubblicazione “L’azzardo? Non è un gioco. Conoscere, capire, scegliere… fare”. Sulle responsabilità dello Stato nella diffusione del gioco d’azzardo, il cardinale ha affermato: «Tutti coloro che hanno responsabilità devono prenderne atto. La coscienza generale sta maturando in questa direzione rispetto a tempo addietro e questo è un segno positivo, promettente, perché, prendendone sempre più coscienza, si possa, ognuno nel proprio ambito, intervenire in modo decisivo».

La pubblicazione è stata realizzata dalla Asl 3 genovese con la collaborazione della Fondazione antiusura Santa Maria del Soccorso, la Fondazione Auxilium, la Caritas diocesana, Avvocati in rete per il sociale e il Centro di solidarietà di Genova. È stata stampata in 10 mila copie e verrà distribuita presso i Sert della Asl, presso la Fondazione Antiusura e presso le altre associazioni che si occupano di contrastare il fenomeno del gioco d’azzardo.

«L’azzardo – ha detto ancora il cardinale Bagnasco – come la droga e l’alcol, esprime una filosofia di vita, una concezione del vivere che è assolutamente inaccettabile, una visione che lucra su tre livelli, su tre forti debolezze: la povertà materiale, la fragilità spirituale e psicologica della gente e sulla cultura del brivido».

Il cardinale ha quindi ricordato che «chi si affaccia e diventa dipendente in questa forma di droga che è l’azzardo non sono solo i poveri materialmente ma anche quelli che sono fragili spiritualmente, che vogliono sperimentare e vivere il brivido».

«Questa filosofia di vita – ha proseguito – deve essere assolutamente affrontata, contrastata a livello educativo».

Per questo è necessaria «una collaborazione tra tutti i soggetti che hanno a cuore il futuro delle giovani generazioni». Perciò, «la società intera, nel suo insieme, deve diventare una comunità educante altrimenti la società non sarebbe più una comunità di vita e di destino ma solo un agglomerato di individui».