Azione Cattolica: don Luigi rifondatore e assistente unitario

La prima parola è grazie. Grazie, don Luigi, grazie, Azione Cattolica. Ac come cammino formativo e impegno apostolico organico, associazione la cui storia a Rieti aveva subito una sosta all’inizio degli anni Settanta. Poi, pian piano e con non poche difficoltà, la rinascita, dovuta alla lungimiranza e alla caparbietà di don Luigi Bardotti, che dell’Ac diocesana fu il rifondatore e che per anni ne è stato assistente unitario.

L’esperienza dei campiscuola, quel “tempo forte dello spirito” a lui tanto caro per cui si spese con energia a Villa S. Anatolia, lo ha visto impegnato sotto l’aspetto spirituale e organizzativo. Intere generazioni hanno seguito questa esperienza che ha segnato la vita di tanti. E quando la Villa ci è purtroppo stata “tolta”, ecco spuntare, dopo un po’, “Quelli di Villa S. Anatolia: l’esperienza viva di Dio”, come don Luigi ha scritto del gruppo spontaneamente nato che ha costituito la soddisfazione degli ultimi sue tre anni di vita, nel fargli rivivere una storia che per lui si legava non solo all’Ac ma soprattutto all’Ac.

Grazie, don Luigi, perché, nel tuo lungo e instancabile servizio di assistente diocesano, ci hai permesso di capire che essere di Azione Cattolica non equivale a una somma di impegni ma a un ideale che è il nostro amore alla Chiesa. Con l’Ac abbiamo individuato i tratti di una vita laicale che dica giorno per giorno la bellezza del Vangelo. Nella preghiera, nella Parola, nel povero abbiamo cercato i segni della presenza del Signore che ci permette di comprendere la vita in maniera nuova, di conoscerne le profondità, di viverla con quella forza che viene dal non sapersi mai soli, anche nei momenti più difficili dell’oscurità, del dubbio, della prova. Questa è la fede cui l’Ac educa i suoi credenti e su cui ha scommesso don Luigi.

L’ideale è anche il nostro amore per la città: capirla, studiarla per impegnarsi in essa. Non si può amare e servire la città se non “pensandola”. La Pira, il santo sindaco di Firenze che ha dato voce alle attese della povera gente, Lazzati e la sua “città dell’uomo”, Bachelet, il presidente della “scelta religiosa” dell’Ac vissuta non come disimpegno ma come responsabilità che i singoli credenti assumono nel mettersi a servizio della società… hanno testimoniato che nella città non si ha nulla di proprio da difendere, ma c’è solo da contribuire al bene comune.

Memori, fieri, responsabili di vivere l’Ac” è stato lo slogan dell’assemblea diocesana elettiva del 13 gennaio del 2002 in cui ho terminato il mio mandato come presidente diocesana e con don Luigi come assistente unitario. La solenne celebrazione eucaristica a chiusura dell’assemblea la svolgemmo nella basilica di S. Domenico, da poco recuperata al culto dalla tenacia di don Luigi.

Siamo fieri di questa associazione perché, tra le altre cose, ci ha insegnato ad amare il tempo in cui viviamo e sentirci responsabili delle storie entro cui siamo chiamati a vivere, oltre a insegnarci a non temere l’inquietudine, perché è l’inquietudine di ogni vicenda umana che è insieme gioia e dramma. Cose, queste, che non sono scritte in nessun regolamento: sono il frutto di una cultura associativa che si è costruita attraverso l’esperienza, la vita, la riflessione, la ricerca di tante persone, tra cui don Luigi Bardotti.
Allora non possiamo non pensare a lui e alla nostra associazione con riconoscenza: per le persone che ci ha fatto incontrare, per l’orizzonte di speranza, di fiducia, di responsabilità che ci ha aperto. Grazie, Ac, grazie, don Luigi.
Licia Alonzi Carnicelli
(già presidente diocesana AC)