Auditel: “garanzia” per gli spettatori?

Con la nuova stagione televisiva riparte la conta degli ascolti

Come più di un telespettatore avrà notato, con l’avvio della nuova stagione televisiva il piccolo schermo ha ricominciato a fornire in tutte le salse i numeri relativi ai dati d’ascolto, che nel corso dell’estate erano pressoché scomparsi dal panorama. Perché? Presto detto: si è riaperto il “periodo di garanzia” dell’Auditel, ovvero il lasso di tempo – articolato in due tronconi, dai primi di settembre alla vigilia di Natale e dalla metà di gennaio alla metà di giugno circa – in cui gli ascolti e lo share (percentuale di pubblico che guarda un programma in un determinato momento) vengono misurati per quotare adeguatamente gli spazi pubblicitari. Maggiori sono gli spettatori di un programma televisivo, più elevato è il costo che gli inserzionisti devono pagare alle reti televisive per inserire dentro o a ridosso di tale programma la pubblicità dei loro prodotti.
Il sistema Auditel è nato a Milano nel 1984, nel momento in cui le emittenti commerciali entrarono in diretta concorrenza con la tv pubblica, per offrire agli investitori pubblicitari un parametro di riferimento (più o meno) oggettivo allo scopo di valutare l’efficacia dei propri investimenti promozionali. Tradizione vuole che l’idea si debba a Silvio Berlusconi, che all’epoca cercava di conquistare nuovi investitori pubblicitari garantendo – appunto – i risultati commerciali auspicati. Oltre a quella di Rai e Mediaset, la società vede la partecipazione di tutte le principali emittenti televisive e delle associazioni che le rappresentano.
I dati Auditel vengono raccolti rilevando le abitudini quotidiane di consumo televisivo di un campione di oltre 5.000 famiglie italiane, corrispondente a un totale di poco più di 14.000 spettatori potenziali (i minori di 4 anni sono esclusi). Gli ascolti vengono rilevati attraverso il “Meter”, un dispositivo collegato al televisore che registra minuto per minuto l’ascolto di tutti i canali su qualunque apparecchio in funzione nella casa della famiglia monitorata. A chi compra spazi per la pubblicità televisiva interessa proprio il numero di “teste” presenti davanti al televisore in un certo momento, in relazione alla possibilità di raggiungere con il medesimo messaggio promozionale la maggiore quantità di destinatari.
Da quando il sistema Auditel è entrato in gioco, la programmazione dei palinsesti televisivi è stata segnata da una profonda ridefinizione dei generi e delle strategie per catturare l’attenzione degli spettatori, esaltando le proposte più spettacolari, più emotive o più capaci di suscitare reazioni forti rispetto a programmi di maggiore qualità culturale o artistica ma di minore impatto sul pubblico.
Molto si gioca sulla “prima serata”, la fascia di palinsesto compresa fra le 20.30 e le 23, capace di raccogliere il maggior numero di spettatori davanti al televisore. Soprattutto in questa collocazione, le emittenti non possono rischiare un “flop”, pena la perdita degli inserzionisti pubblicitari. Per questo, se una trasmissione ottiene uno share troppo basso, viene eliminata senza troppi ripensamenti. Le conseguenze di questa strategia di programmazione sulla qualità sono (ogni giorno) davanti agli occhi di tutti. Per avere un’idea sommaria di quanto sia importante la quantità di pubblico per gli introiti pubblicitari delle emittenti televisive, basti pensare che un punto percentuale di share in più vale circa 13 milioni di euro l’anno.
La citata “garanzia”, insomma, si riferisce all’efficacia della pubblicità televisiva, non certo alla qualità della programmazione a beneficio degli spettatori. I quali, in fondo, per la tv contano solo perché possono essere… contati (e “venduti” agli investitori).