Assemblea Cei / «Il sacerdote non è un solista del bene»

La vita e la formazione permanente dei presbiteri al centro della 67ª Assemblea generale della Cei ad Assisi. Il monito del card. Bagnasco nella prolusione: “È irresponsabile indebolire la famiglia, creando nuove figure – seppure con distinguo pretestuosi che hanno l’unico scopo di confondere la gente e di essere una specie di cavallo di troia di classica memoria – per scalzare culturalmente e socialmente il nucleo portante della persona e dell’umano”. L’invito a “rifondare la politica”.

Persone “capaci di scendere nella notte” dei propri compagni di viaggio senza rimanere preda del buio e perdersi. Di accogliere e “toccare” le ferite dei viandanti senza lasciarsi disintegrare. Di “accompagnare” le storie degli uomini e delle donne tenendo sempre presente i propri limiti e confidando nell’aiuto della grazia. È un identikit dai tratti squisitamente relazionali, quella del sacerdote. A tracciarla è il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, nella prolusione con cui questo pomeriggio ad Assisi ha aperto la 67ª Assemblea dei vescovi italiani. Al centro dell’assise straordinaria il tema della vita e della formazione dei presbiteri. In una cultura che “parla di rapporti ma respinge i legami”, i vescovi italiani vogliono mettersi “idealmente attorno al tavolo di casa” per riflettere sui contorni di una “formazione qualificata” del sacerdote: “con realismo, accettando le gioie e i limiti che anche le famiglie vivono nel loro interno”. E di famiglia il card. Bagnasco ha parlato nella parte iniziale e finale della prolusione: “È irresponsabile indebolirla”. Non sono mancati riferimenti a temi di stretta attualità, come il lavoro – con la categoria sempre più numerosa dei “rassegnati al non lavoro” e la globalizzazione che rischia di “arricchire i ricchi e impoverire i poveri” -, la cultura e la scuola, sempre più tentata dalla “sirena tecnologica”. Infine, un appello a “rifondare la politica”, attraverso un’opera di ricostruzione simile a quella del Dopoguerra: allora, però, si trattava di ricostruire partendo dalle macerie materiali, oggi ci sono le “macerie dell’alfabeto umano”.

“Irresponsabile indebolire la famiglia”. “È irresponsabile indebolire la famiglia, creando nuove figure – seppure con distinguo pretestuosi che hanno l’unico scopo di confondere la gente e di essere una specie di cavallo di troia di classica memoria – per scalzare culturalmente e socialmente il nucleo portante della persona e dell’umano”. È il monito iniziale del card. Bagnasco, che ha ribadito che “l’amore non è solo sentimento, è decisione; i figli non sono oggetti né da produrre né da pretendere o contendere, non sono a servizio dei desideri degli adulti: sono i soggetti più deboli e delicati, hanno diritto a un papà e a una mamma”. Di qui l’importanza di far risuonare “la bellezza e l’importanza irrinunciabile del Vangelo del matrimonio e della famiglia, patrimonio e cellula dell’umanità, costituita da un uomo e da una donna nel totale dono di sé; Chiesa domestica, grembo della vita, palestra di umanità e di fede, soggetto portante della vita sociale”. “Il nichilismo, annunciato più di un secolo fa, si aggira in Occidente, fa clima e sottomette le menti”, ha ammonito il cardinale citando Nietzsche e le sue domande radicali sul senso dell’esistenza. Alla fine della prolusione, il cardinale è tornato a parlare di famiglia: “Si parla a volte di ‘familismo’ italiano: se gli eccessi non fanno bene in nessuna cosa, il forte senso della famiglia deve renderci fieri in Italia e all’estero”.

Preti controcorrente. Per tracciare un identikit del prete, il cardinale ha usato le parole rivolte da Papa Francesco ai vescovi brasiliani, durante la Gmg di Rio. “Serve una solidità umana, culturale, affettiva, spirituale, dottrinale”, ha proseguito, “per essere capaci di predicare il Vangelo anche quando è controcorrente rispetto al pensare comune”. “Di fronte all’ora presente non ci lasciamo andare alla tentazione del lamento o del pessimismo, e neppure della ingenuità acritica”, ha assicurato. Il prete è colui che “assume ogni singola umanità con le sue storie e ferite, le porta a conoscenza, le valuta e le cura con l’aiuto della grazia, dell’accompagnamento, della vita spirituale, della fraternità responsabile”. “Le difficoltà derivanti dalla diminuzione del clero o da altre situazioni dolorose le conosciamo, e le affrontiamo con la nostra responsabilità di Pastori”, ha detto il cardinale. “Ma ciò non offusca per nulla la realtà del nostro clero che si dedica al proprio ministero accanto alla gente con ammirevole generosità. I poveri e i bisognosi, le famiglie e gli anziani, il mondo dei ragazzi e dei giovani sono la loro famiglia”.

I “rassegnati al non lavoro”. “La disoccupazione non cenna a invertire la direzione”: bisogna fare “ogni sforzo” perché “il patrimonio industriale e professionale, di riconosciuta eccellenza, possa rimanere saldamente ancorato in casa nostra” e contrastare il fenomeno dei “rassegnati al non lavoro”, che il lavoro non lo cercano più. “Si sta perdendo una generazione”, il grido d’allarme del card. Bagnasco: “I poveri e i bisognosi – di ieri e di oggi – guardano con terrore una società che corre e si allontana, rispetto alla quale loro non hanno più il passo o non l’hanno mai avuto. La globalizzazione è forse destinata ad arricchire i ricchi e a impoverire i poveri?”.

Rifondare la politica. “L’apprezzamento e l’impegno per la formazione e la cultura è lodevole e decisivo per una società: e ci auguriamo che prosegua con decisione e concretezza”. È la parte della prolusione dedicata alla politica, nella quale il cardinale Angelo Bagnasco dipinge il ritratto di una scuola “sempre più tentata dalla sirena tecnologica” e chiede di “rifondare la politica”, per uscire dalle “macerie dell’alfabeto umano”. “Non è un esercizio astratto, ma la premessa di ogni urgente dover fare”, precisa: “Pensare che ora siamo in mezzo a un groviglio da risolvere solo con capacità e determinazione, sarebbe vero ma incompleto, riduttivo”, l’analisi del presidente della Cei.