Artefici di riconciliazione

Le parole di Francesco all’Angelus: la Quaresima è “l’occasione buona per vedere il volto di Gesù anche nel volto di un fratello o di una sorella sofferente”

Due forme di sete, un pozzo, una donna, un incontro. Sono questi gli elementi che troviamo nel Vangelo di questa terza domenica di Quaresima. Da Gerusalemme Gesù deve tornare in Galilea, e non sceglie la strada più comoda, cioè quella che passa per la valle del Giordano, ma sceglie l’itinerario che percorre la Samaria, terra i cui abitanti non erano amici dei giudei. Anzi più che scegliere, il verbo da usare è dovere: Gesù doveva passare per la Samaria in obbedienza al Padre, perché è stato inviato non solo ai giudei ma a tutti gli uomini. Strada faticosa, fisicamente parlando, e per questo si ferma presso il pozzo di Sicar, di Giacobbe: ha sete. Il pozzo, però, nella tradizione dell’Antico Testamento è il luogo dove avviene l’incontro tra un uomo e una donna: presso il pozzo il servo di Abramo incontra Rebecca e la chiede in sposa per Isacco e presso il pozzo Giacobbe conosce Rachele, come leggiamo nella Genesi. Giovanni nel suo Vangelo con questo racconto rimanda alla tradizione dei libri che hanno preceduto il nuovo Testamento. Inoltre in questo incontro tra Gesù e la donna samaritana vi è un superamento di ruoli e pregiudizi: la donna infatti appartiene a una comunità con la quale non esisteva dialogo perché considerata dai giudei scismatica e, dunque, non avvicinabile dai fedeli. Ma proprio questa popolazione sarà una delle prime ad aderire alla predicazione degli apostoli, ricorda Papa Francesco all’Angelus.
La sete. Il testo giovanneo inizia con la richiesta di Gesù, seduto al pozzo e affaticato per il viaggio, rivolta alla donna: dammi da bere. Interessante notare che non dice semplicemente ho sete, come probabilmente faremmo anche noi, ma chiede un coinvolgimento dell’altro; non ha paura di parlare alla donna, come non ha avuto timore di entrare nella casa di Zaccheo, o di rivolgersi all’adultera. Vuole instaurare un dialogo e superare così le barriere di ostilità tra popoli che esistevano in quella terra. La donna reagisce a questa richiesta dicendo: “Come mai un giudeo si degna di chiedere qualcosa a una samaritana?”. Gesù, dice il Papa, risponde così: “Se tu sapessi chi sono io, e il dono che ho per te, saresti tu a chiedere e io ti darei ‘acqua viva’, un’acqua che sazia ogni sete e diventa sorgente inesauribile nel cuore di chi la beve”.
Il pozzo, inoltre, mette in evidenza, nel racconto di Giovanni, ma non solo, il desiderio dell’acqua. La donna ha con sé l’anfora con la quale quotidianamente porta l’acqua nella sua casa; Gesù invece è fermo e stanco. Entrambi hanno sete, desiderano dissetarsi. Ma trovano altro: Gesù incontra la donna, di cui conosce la storia, e suscita in lei il desiderio di andare oltre alla routine quotidiana. La donna incontra il Signore, ma ancora non conosce quale sete deve saziarsi. Gesù “parla di un’acqua diversa”; la donna nell’incontro apre gli occhi e si rende conto che la sua è sete d’altro: “Quando si accorge che l’uomo con cui sta parlando è un profeta – afferma Francesco – gli confida la propria vita e gli pone questioni religiose. La sua sete di affetto e di vita piena non è stata appagata dai cinque mariti che ha avuto, anzi, ha sperimentato delusioni e inganni”. La donna, dice il Papa, rimane colpita da come Gesù parla della sua situazione, non giudicandola, ma facendola sentire considerata, riconosciuta. Rimane colpita da Gesù che le parla della vera fede, e intuisce che quell’uomo potrebbe essere il Messia.
L’acqua inoltre ci ricorda il battesimo quando “Dio ci ha trasformati e riempiti di grazia”. Ma forse abbiamo dimenticato questo dono, dice ancora il Papa; forse lo abbiamo ridotto “a un mero dato anagrafico, e forse andiamo in cerca di ‘pozzi’ le cui acque non ci dissetano. Quando dimentichiamo la vera acqua, andiamo in cerca di pozzi che non hanno acque pulite”.
Questo Vangelo è anche per noi, afferma inoltre Francesco. Sappiamo chi è Gesù, ma forse non lo abbiamo incontrato davvero. E questo tempo di Quaresima è l’occasione buona per avvicinarlo davvero, per “incontrarlo nella preghiera in un dialogo cuore a cuore, parlare con lui, ascoltare lui; è l’occasione buona per vedere il suo volto anche nel volto di un fratello o di una sorella sofferente”, e diventare così “artefici di riconciliazione e strumenti di pace nella vita quotidiana”.