Argentina in allarme: le villas miserias il perfetto incubatore per alcol e droghe

Il “Barometro del narcotraffico e delle dipendenze in Argentina”, curato dall’Osservatorio sul debito sociale argentino (Odsa) dell’Università Cattolica (Uca), ha messo in luce una situazione emergenziale: mezzo milione di famiglie argentine ha dipendenze gravi. Dal 2010 al 2014 è aumentato del 50% lo spaccio di droga nelle zone urbane. I narcotrafficanti reclutano giovani disoccupati.

Quando, qualche mese fa, in una conversazione privata poi resa pubblica, papa Francesco parlava di “messicanizzazione” dell’Argentina, sapeva bene quello che diceva. Pur vivendo a migliaia di chilometri di distanza dal suo Paese natale, i continui contatti con preti e laici che vivono nei barrios degradati, in quelle che vengono chiamate villas miserias, lo avevano portato ad intuire l’escalation del narcotraffico in Argentina e, nel contempo, l’aumento di molte persone coinvolte in situazioni di dipendenza da droghe o alcol. Lì per lì l’espressione aveva fatto scalpore soprattutto in Messico. Qualcuno si era offeso, il Governo messicano aveva chiesto spiegazioni, il Papa stesso aveva chiarito la genesi e il senso di quell’espressione nell’intervista concessa, in occasione del secondo anniversario della sua elezione a Valentina Alazraki per la televisione messicana Televisa, precisando che si trattava di un termine tecnico, come “balcanizzazione”. In effetti, che il Messico abbia da tempo superato la Colombia nelle triste classifica dei Paesi con più narcotraffico, non è un mistero. Ma la novità, appunto, veniva dall’Argentina. Ora le sensazioni di papa Bergoglio e dell’episcopato argentino, che nel novembre del 2013 aveva diffuso una nota su tale problema, trovano nei numeri una triste conferma. È stato infatti presentato a Buenos Aires, nei giorni scorsi, il primo rapporto del “Barometro del Narcotrafico y Adicciones en Argentina” (Barometro del narcotraffico e delle dipendenze in Argentina), che è stato curato dall’Osservatorio sul debito sociale argentino (Odsa) dell’Università Cattolica argentina (Uca). I dati sono impressionanti, sia per la loro oggettiva consistenza sia per il deciso aumento rispetto al 2010.

Droghe e alcol piaghe sociali.
Dal rapporto, condotto attraverso 5.700 interviste nelle zone urbane del Paese, emerge che mezzo milione di famiglie argentine ha dipendenze gravi e l’abuso dell’alcol è diventato la piaga principale. Nel rapporto si fa notare che le tossicodipendenze gravi sono un problema palese nel 3,6 per cento delle famiglie urbane dell’Argentina, corrispondenti a 459.966 casi. Numeri che si moltiplicano per due o anche per tre nelle “villas miserias”, oppure se si prendono in esame le persone e le famiglie più povere o senza lavoro. Così, ad esempio, si scopre che nelle aree urbane il 2% delle persone di estrazione medio-alta hanno problemi di dipendenza con alcol e droga, mentre la percentuale sale al 9,6% negli strati sociali più poveri. Il coinvolgimento nelle dipendenze è molto forte nei quartieri più degradati (la percentuale supera l’8%). La popolazione totale dell’Argentina è di circa 41 milioni di abitanti. Il consumo problematico di alcol è la piaga principale nelle famiglie (2,7 per cento), seguito dalla dipendenza da droghe. Queste ultime riguardano l’1,9 per cento delle famiglie urbane (242.759 casi). La dipendenza associata alcol-droghe riguarda oltre centodiecimila persone. Lo studio fa notare che la percentuale scende di molto nelle famiglie dove sono presenti entrambi i genitori.

L’influenza dei narcotrafficanti.
Lo studio dell’Università Cattolica denuncia che, dal 2010 al 2014, è aumentato del 50% lo spaccio di droga nelle zone urbane del Paese. Il rapporto prende in esame anche la percezione del fenomeno da parte della popolazione (anche qui risalta l’impennata rispetto al 2010), le dinamiche del reclutamento di molti giovani disoccupati da parte dei narcotrafficanti, l’insufficiente presenza delle forze dell’ordine. Trovano così conferma le crescenti denunce, arrivate non solo dall’episcopato, ma anche da numerosi osservatori internazionali. Recenti studi mettono in evidenza che il legame dei cartelli colombiani, peruviani, boliviani e messicani con l’Argentina è di vecchia data. Ma nell’ultimo decennio c’è stata una vera e propria escalation: da una parte l’Argentina, anche a causa di frontiere lunghe e mal controllate, si è trasformata da Paese di “transito” a Paese produttore; dall’altra l’impoverimento di vaste fasce di popolazione ha portato a creare nelle villas miserias il perfetto incubatore sociale per il diffondersi di tale piaga. Sono aumentate a dismisura le cocinas (laboratori artigianali per la lavorazione della cocaina), che si trovano in pieno centro a Buenos Aires e Rosario.

Va tenuta alta l’attenzione.
Secondo il rettore dell’Università Cattolica, mons. Víctor Manuel Fernández, non deve stupire troppo se papa Francesco parla “del rischio di messicanizzazione dell’Argentina, se pensiamo che solo pochi decenni fa sarebbe stato impensabile che in Messico i narcotrafficanti sequestrassero e uccidessero 40 studenti, come è accaduto. Il Papa ci sta semplicemente avvertendo di stare attenti, perché questo potrebbe iniziare a succedere anche da noi senza che reagiamo prontamente”. Secondo il coordinatore dell’Odsa, Agustin Salvia, il rapporto fotografa una “situazione insostenibile”; il problema della grave dipendenza da sostanze psicoattive è una vera e propria piaga e “finisce per essere dannoso sia per l’individuo che per il suo ambiente familiare e sociale”. Salvia osserva che l’abuso di droga finisce per creare un ambiente “instabile e spesso violento, specialmente per i bambini che sono influenzati e colpiti dal comportamento dei genitori e dei fratelli”.