«Anziani, la vera sfida»

Intervista a monsignor Lucarelli, vescovo di Rieti e vice presidente della Conferenza episcopale del Lazio, sulle prospettive della pastorale per la Terza Età che «come è organizzata oggi è insufficiente».

Anziani. La Terza Età sembra non considerata dalle organizzazioni parrocchiali nel periodo estivo: poco o niente come “campi” (al pari di quello dei giovani) o assistenza per coloro che sono soli. Come mai accade ciò?

«Purtroppo la nostra pastorale, in alcuni casi, sembra considerare gli anziani come utenti “sicuri”, che sono sempre presenti alla Messa feriale e alle iniziative proposte. Riteniamo ancora che la pastorale degli anziani si faccia facendo una volta l’anno la festa dell’anziano o portando la comunione agli infermi, o promuovendo i pellegrinaggi. È necessaria una nuova presa di coscienza di questa realtà. Anche se dobbiamo dire ad onor del vero che ci si occupa più di loro che dei giovani in molte parrocchie, proprio perché loro ci sono, come collaboratori parrocchiali, come “banche del tempo” che offrono ai nostri sacerdoti servizi e competenze, come catechisti, come ministri della comunione».

Eppure nei discorsi ufficiali dei pontefici gli anziani sono ricordati anche come «una preziosa risorsa per il futuro». Poi, a livello locale che succede? I Vescovi non riescono a seguire queste indicazioni?

«In realtà i Papi si riferiscono molto al bagaglio di esperienze e di valori che le persone di una certa età possono veicolare ai giovani. Oggi molti anziani, lo sappiamo bene, fungono addirittura da ammortizzatori sociali perché con la loro pensione aiutano le famiglie di figli e nipoti che sono in difficoltà economiche. Le parrocchie e le diocesi devono offrire loro ogni forma di aiuto, soprattutto spirituale, ma anche materiale quando è necessario. Ma la ricchezza della loro esperienza dovrebbe essere valorizzata soprattutto nelle famiglie».

In base alla sua lunga esperienza pastorale perché nelle nostre parrocchie si pensa a organizzare la pastorale per i giovani, per le famiglie, per i malati… ma niente di specifico e organico per gli anziani? Ci sono difficoltà oggettive oppure è solo una questione culturale?

«Dobbiamo essere molto realisti! I settori che più sono in crisi sono quelli relativi ai giovani e alle famiglie, di cui gli anziani sono parte. Se perdiamo i giovani e la tenuta delle coppie perdiamo tutto. In verità la pastorale giovanile e quella familiare stentano a trovare punti di forza e modalità accattivanti di avvicinamento. Esistono belle esperienze, ma limitate nel numero e di scarso rilievo sul piano generale. Soprattutto non sono continuative e non si espandono con velocità. C’è anche bisogno di una più profonda preparazione di sacerdoti e diaconi in questo campo. Se continuiamo a fare pastorale giovanile e familiare con i luoghi comuni non riusciremo ad incidere. I problemi sono seri e richiedono una preparazione specifica. Se riusciamo ad avere giovani e coppie in buon numero vicini alla parrocchia, riusciamo anche a fare una buona pastorale degli anziani, perché avremo famiglie più serene e più sane».

Guardiamo al futuro. Le proiezioni demografiche indicano un aumento della popolazione anziana nei prossimi anni. La Chiesa laziale come deve prepararsi a questo mutamento sociale?

«Non voglio essere pessimista, ma le coppie in crisi di oggi sono gli anziani che avremo fra dieci e venti anni. Gli anziani che abbiamo oggi sono quelli che nella maggior parte dei casi sono cresciuti con una buona esperienza di fede. Ma se continuiamo a perdere il contatto con la realtà dei giovani e delle coppie di oggi, avremo domani degli anziani lontani dalla Chiesa. Ci potremmo ritrovare a fare pastorale ad anziani che non avranno avuto significative esperienze di fede. Faremo il primo annuncio a persone molto avanti con l’età. I servizi sociali pubblici si stanno ponendo questo problema, ma per il futuro vedo un impegno della Chiesa anche sul piano assistenziale addirittura più marcato, poiché la società civile non ce la farà ad aiutare tutti. Avremo anziani senza pensione, non in grado di pagare affitti. Sarà molto difficile dire a costoro: “Dio ti ama”. La pastorale ordinaria così come è organizzata oggi non è sufficiente, non è adeguata e sarà persino controproducente».

Parlando di Chiesa intendiamo presbiteri e laici. Ruoli di ciascuno in questa sfida futura? (Anche per evitare che passi il concetto che solo il parroco o il vescovo debba organizzare un “servizio” per gli anziani).

«Certamente, soprattutto nelle parrocchie di grandi dimensioni, il ruolo del parroco e – direi – del diacono, deve essere di coordinamento e di organizzazione della pastorale, anche di quella degli anziani. I nostri sacerdoti devono cominciare a fare quelle che nel linguaggio civile si chiamano “ricerche di mercato” o “analisi dei bisogni”. In parrocchie “ricche” gli anziani avranno le risorse per pagarsi la “badante”, ma avranno sempre bisogno della vicinanza della parrocchia e della comunità cristiana, che dovrà trovare forme nuove, che non siano solo la comunione in casa. Penso ad una pastorale della vicinanza fatta di dialogo discreto, di piccoli servizi, di compagnia. Nelle parrocchie “povere”, dove vi saranno e vi sono persone che vivono al di sotto della soglia di sopravvivenza, si dovranno prevedere veri e propri interventi anche di vestiario e di cibo. Le Caritas parrocchiali devono diventare ordinarietà, non eccezione. Vi sarà necessità di locali per ricevere materiale dato da chi ha in abbondanza da recapitare a chi non ha. Dovrà essere fatto con capacità organizzativa e da persone competenti. È una sfida per il futuro, e dobbiamo cominciare a pensarci seriamente».