Ancora sul Premio Letterario: ci vuole qualche chiarimento

Ho molto apprezzato il piccolo dibattito attorno al Premio Letterario promosso da «Frontiera». Particolarmente gradito è stato soprattutto l’articolo uscito nel n. 41 della rivista, dal titolo “La cultura è un percorso condiviso”, firmato dall’Assessore Diego Di Paolo. Questa disponibilità al confronto stimola alcune riflessioni e spinge a chiedere qualche chiarimento.

Quando l’assessore scrive, ad esempio, che la prossima edizione del premio letterario sarà «in qualche modo diversa dalla precedente», dovrebbe spiegare in quale modo, appunto, si possa realizzare tale presunta diversità.

Se si dice che «i concorrenti sono di ottimo livello» bisognerebbe spiegare come sono stati scelti, o cooptati, o nominati, ed in ogni caso da chi, e secondo quali criteri. Il giudizio dell’assessore è certamente autorevole, ma per l’appunto rientra solo marginalmente nei suoi compiti amministrativi e di resoconto democratico.

Dobbiamo ricordargli che è stato chiamato al suo ruolo dopo una competizione elettorale che ha sancito una spiccata discontinuità col ventennio precedente? Non teme che a forza di approcciare le questioni “indipendentemente dal colore” si possa finire, incolori, per scontentare tutti?

E in che modo si possono definire “investimenti” quelli fatti nei precedenti cinque anni? Saggiamente dice l’assessore che la cultura non si può misurare solo in termini economici. Ma “investimenti” è appunto un termine economico, al quale di solito si associa il concetto di ritorno, di rendimento. È il caso del premio letterario in questione? È questa la valutazione dell’assessore? Come la argomenta, come la dimostra?

Di Paolo sostiene poi che c’è stata una «sensibile riduzione dei costi». Potrebbe portare dati concreti? Qualche cifra aiuterebbe a discutere con chiarezza.

Ecco, parlare chiaro dovrebbe essere importante per un uomo delle istituzioni che voglia compiere scelte, dare indirizzi, dare senso alla sua azione amministrativa. L’assessore ammette poi che «la visibilità a livello nazionale della precedenti edizioni è stata poca». Aggiunge che «proveremo a lavorarci e a migliorarla». È troppo chiedere come? Con quali azioni, con quale esborso di denaro pubblico, con quali invenzioni “culturali”?

Dice l’assessore che «se centottanta lettori aspirano ad essere giurati, qualcosa significa». Di grazia, cosa significa esattamente? Essere giurati non è mica un duro lavoro, non è un sacrificio, non è il trionfo del senso civico! E, per così dire, non costa mica tanto, anzi! Può dare, per una volta, il brivido dell’essere giudici insindacabili, e (forse) aiuta a dimenticare le miserie di tutti i giorni, quelle che fra l’altro non permettono a tutti di acquistare ben cinque libri, con quello che costano e con questi chiari di luna…

Inoltre, se si dice che «la città mostra di gradire» bisognerebbe essere più precisi. Si sono svolti sondaggi segreti? O si tratta di una valutazione “a naso”, arbitraria? Prima di parlare a nome della città, non ci vorrebbe una certa prudenza?

Merita riflessione, poi, il passaggio col quale l’assessore mette le mani avanti con una curiosa, pilatesca formula: «Se l’evidenza dei fatti dimostrasse che il premio letterario non ha più ragione di esistere, non saremo noi a mantenerlo vivo a forza».

L’evidenza dei fatti? E quale sarebbe, precisamente? Che le serate non si svolgano? Che non ci sia pubblico? Che i lettori, rifiutata la condivisione del respirar cultura, restituiscano le copie dei libri e si diano all’analfabetismo? Assessore, per rispetto dei lettori, vorrebbe chiarire quale sarebbe secondo Lei tale “evidenza dei fatti” ?

Ma torniamo, assessore, alla domanda originaria, quella cui può ancora rispondere: qual’è il senso del Premio letterario? Che rapporto ha col territorio? Come si qualifica? Cosa gli potrebbe dare prestigio? Come può sfuggire al rischio di insignificanza, di vanità, di routine burocratica? È lecito chiedersi a cosa serve?

Non ribadisca, per favore, “a promuovere la lettura”. Capisce che si tratta di una maniera insoddisfacente di trattare la questione? Il premio letterario, così com’è, rientra davvero nei compiti dell’Assessorato, della Paroniana, del Comune?

Infine, a proposito di continuità “indipendente dal colore”, vorremmo mettere le mani avanti anche noi. A seguire quella logica, infatti, c’è il rischio di dare continuità alla orribile serie di pubblicazioni sgrammaticate data alle stampe dalle amministrazioni precedenti (in tempi di vacche grasse, bufale e debiti coloratissimi).

In questo campo, se vorrà l’evidenza dei fatti, la questione sarà assai più semplice: le forniremo una documentazione ricca, inconfutabile, esilarante. Tutto materiale, peraltro, alla portata di chiunque abbia avuto la pazienza di seguire le cose della città. A sua disposizione.

Lettera firmata