Anatolia rientra nel suo santuario

È passato un anno dai tristi fatti verificatisi in riva al Turano nel luglio 2012, culmine di una spiacevole vicenda che la locale comunità cristiana sta suo malgrado subendo da alcuni anni, in seguito al passaggio di gestione della casa annessa al santuario di S. Anatolia al discusso monsignor Emidio Messina.

Si ricorda come l’anno scorso le intemperanze del sacerdote, non nuovo all’uso di parole e atteggiamenti che hanno creato non poco turbamento tra i fedeli del posto, giunsero a impedire l’uso del luogo sacro per lo svolgimento della processione in onore della santa patrona, sentitissima tradizione per la comunità castelvecchiese.

Le cronache registrarono lo sgradevole episodio: nella struttura posta tra Colle e Castel di Tora (che, prima casa estiva del Pontificio collegio greco, poi per molti anni casa diocesana dei campiscuola, una volta scaduto il contratto di comodato con la Curia reatina nel 2006 venne affidata dal Vaticano a don Messina il quale vi gestisce una casa di riposo) il cancello, come più volte minacciato, rimase ostentatamente chiuso, alla processione con la statua di sant’Anatolia fu vietato l’accesso al santuario e i devoti restarono a vegliare tutta la notte l’effigie della martire collocata sul ciglio della provinciale, per poi ricondurla in paese l’indomani mattina.

Da allora, però, parrocchiani e confraternita non sono rimasti inattivi, così come la Curia diocesana, che pur non avendo responsabilità né autorità sul prete in questione, incardinato in altra diocesi, non ha rinunciato ad alzare la voce almeno riguardo al santuario, dato che, a prescindere dalla struttura cara a molti reatini come Villa S. Anatolia (al momento purtroppo perduta dalla comunità diocesana), è innegabile che sui luoghi di culto la competenza esclusiva sia del vescovo ordinario del luogo.

Così monsignor Lucarelli ha provveduto a scrivere a don Messina invitandolo autorevolmente a non commettere azioni contrarie a un corretto spirito ecclesiale. Al contempo opportuni richiami all’ordine sono giunti anche da Roma, dopo che gli organismi vaticani erano stati tempestati di proteste da parte della comunità castelvecchiese.

Così il sacerdote è stato costretto a fare un passo indietro, e sabato l’altro la processione, giunta dalla parrocchiale di Castel di Tora, costeggiando il lago ha raggiunto la stradina che conduce al santuario di S. Anatolia senza trovare cancelli chiusi; la macchina con l’immagine della patrona, sorretta dai confratelli della Pia Unione, è stata regolarmente accolta in chiesa per la celebrazione dei vespri, che la consuetudine vuole presieduti dal responsabile della struttura (ai tempi di Villa S. Anatolia era don Luigi a guidare la preghiera, e prima di lui i padri del Pontificio collegio greco): è dunque toccato al Messina presiedere la funzione. Anche stavolta, però, cosa purtroppo a lui avvezza, non si è trattenuto dal tentare qualche battuta velenosa assolutamente fuori luogo in un contesto liturgico…

Ed ecco che, dopo la lettura breve, il momento dell’omelia, anziché il doveroso commento al brano appena proclamato, diventa il pretesto per una nuova provocazione, esordendo con «Avete rischiato per un pelo di non entrare nemmeno quest’anno…». Ma questa volta il popolo dei fedeli non si fa cogliere impreparato: dopo le prime battute, l’assemblea interrompe il polemico discorso intonando l’inno alla santa patrona.

Così don Roberto D’Ammando (il giovane prete compaesano, cappellano della Pia Unione S. Anatolia) e don Gaetano Monaco (parroco del posto) possono far proseguire la preghiera con regolarità e far restare in chiesa la statua fino alla mattina della domenica, quando si svolge la processione di ritorno in paese dove a celebrare la solenne Messa festiva giunge poi monsignor Lucarelli.

Accanto alla soddisfazione per aver potuto svolgere i sacri riti nel luogo in cui la tradizione li vuole, resta però l’amarezza per una vicenda che non può dirsi ancora del tutto risolta, se è vero che parole indegne in bocca a un ministro di Dio e stili ben poco consoni alla missione sacerdotale proseguono da parte di un chierico che da quando è giunto in zona non ha fatto che dare scandalo e il cui passato è caratterizzato anche da vicende poco limpide: inchieste giornalistiche e trasmissioni televisive, di cui abbiamo qui già parlato a suo tempo, lo hanno tirato in ballo in quelle imbarazzanti questioni dello Ior su cui ora la Santa Sede sta cercando di fare chiarezza.

L’auspicio è che l’accelerata voluta da papa Francesco possa offrire qualcosa di buono anche alla comunità ecclesiale reatina, tuttora vittima di una presenza non certo da lei cercata.