Alle querce di Mamre: Abramo maestro di speranza

Alle querce di Mamre

Continuiamo a scorrere il testo con cui monsignor Lucarelli propone una riflessione sull’episodio biblico delle querce di Mamre in chiave spirituale e pastorale. Lo stare di Abramo all’ingresso della tenda, dunque, viene riletto dal vescovo come emblema dell’attesa e dello stile di “precarietà” tipico dell’uomo capace di affidarsi a Dio senza certezze proprie.

Uno stare, scrive monsignore, «pensoso e trepidante: egli non si pone solo il problema – potremmo dire – “politico” dell’Alleanza con Dio, ma anche il problema della sua discendenza e della sua famiglia: i tentativi del Faraone di sottrargli la moglie Sara durante la permanenza in Egitto; Ismaele, il figlio avuto dalla schiava che poi sarà allontanato, sempre per rispondere alla volontà del Signore».

Ed un sostare che riflette in qualche modo il sostare di noi, uomini di oggi, dinanzi alle problematiche del nostro tempo, con particolare riferimento, sottolinea il vescovo, a quelle relative alla famiglia e alla gioventù. Attese, trepidazioni, preoccupazioni per una realtà che, al giorno d’oggi, non è certo priva di minacce: altro che faraoni, altro che predoni del deserto, altro che carestie! Se ne possono elencare a bizzeffe, di ostacoli e pericoli che incombono su quelle che sembravano fino a ieri certezze invacillabili, valori consolidati, punti fermi che una tradizione secolare aveva fissato, apparentemente, per sempre.

E a voler seguire i catastrofisti, i “profeti di sventura” che lanciano anatemi sulla modernità e sui O tempora, o mores! che preluderebbero alla fine del mondo, il materiale abbonderebbe. Ma lo “stare” di Abramo non è quello rinunciatario e pessimista, precisa Lucarelli: se la sua vita itinerante e priva di certezze ci ricorda come «i problemi e le vicende dell’umanità sono e saranno sempre sotto la minaccia della sconfitta e del peccato», il suo atteggiamento di fiducia ci dice «anche che è sempre possibile un nuovo inizio».

Che non significa il doverci abituare e rassegnare «a ciò che è oggettivamente sbagliato», quanto piuttosto uno stimolo «a rinnovare sempre le relazioni e i rapporti, sperando contro ogni speranza»: uno spes contra spem che costituisce il segno distintivo del cristiano nel mondo.

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