Diaconi in formazione permanente: al servizio di Dio, al servizio dell’uomo

Il percorso di formazione permanente per i diaconi della nostra diocesi, che quest’anno prevede un itinerario di approfondimento dell’anno liturgico, ha conosciuto in Quaresima una proficua sosta di ascolto e preghiera presso il santuario francescano di Poggio Bustone, sabato 24 febbraio. A guidare sapientemente la giornata, con la sua profonda esperienza ecclesiale e pastorale, è stato don Lorenzo Chiarinelli, vescovo emerito di Viterbo che, scherzosamente, ha paragonato questa fase della sua vita, ai due anni trascorsi da Paolo a Roma, in libera custodia, in quel luogo che ancora oggi è possibile visitare nelle vicinanze di via Arenula: san Paolo alla Regola. Leggiamo, a conclusione degli Atti degli Apostoli: «Paolo trascorse due anni interi nella casa che aveva preso in affitto e accoglieva tutti quelli che venivano da lui, annunciando il regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo, con tutta franchezza e senza impedimento» (At 26, 30-31). «Almeno io – ha detto scherzosamente Mons. Chiarinelli – non debbo pagare l’affitto!».

Parlando ai diaconi il vescovo ha individuato un punto preciso da cui bisogna partire per riscoprire l’identità più vera del ministero ordinato: il brano di Fil 2,5-11. I padri conciliari nel n. 29 della Lumen Gentium, parlando del diaconato permanente, hanno detto che esso è «non ad sacerdotium sed ad ministerium». Nel Nuovo Testamento l’unico sacerdote è Cristo e tutti coloro che hanno ricevuto il sacramento dell’ordine sono chiamati alla ministerialità. Nella visita alla diocesi di Milano, il 25 marzo 2017, papa Francesco ha detto ai diaconi permanenti: «Non dovete essere né mezzi preti né mezzi laici». Il diacono è un’altra cosa; non è neanche chiamato a fare da intermediario tra i fedeli e i pastori. Questo modo di concepire la figura del diacono genera una stortura; il diacono non è chiamato a fare una sorta di supplenza del prete ma deve stare là dove sta il prete, con un suo carisma proprio. Bisogna riscoprire sempre di più l’essenza profonda della chiesa che è collegiale e sinodale. San Giovanni Crisostomo diceva che la Chiesa è il nome dello stare insieme e del camminare insieme. Papa Francesco in Evangelii Gaudium parla delle tentazioni degli operatori pastorali e nel discorso alla curia, per il Natale 2017, ha parlato della “chiesa diaconale”. La chiesa ha per nome la comunione, la sinodalità, la diaconia. Il problema vero non è il diaconato ma il ministero ecclesiastico come tale: tutta la chiesa è diaconale. Il primato stesso del Papa è la diaconia: Gregorio Magno nel 590 si firmava Servus servorum Dei: il diacono dei diaconi.

In tre punti Mons. Chiarinelli ha delineato il ministero del diacono: non deve essere clericale né un carisma ridotto a compiti che gli sono affidati, degenerando così nel funzionalismo. I diaconi sono chiamati ad essere nella Chiesa i «custodi del servizio», coloro che ricordano a tutti i battezzati ciò che vuol dire, nella Chiesa, la dimensione del servizio. Essi perciò sono un segno apostolico, custodi del servizio apostolico. Sono anche chiamati ad essere “modello” esemplare del servizio. Alla domanda: «Come si serve?» bisognerebbe poter rispondere: «Guardate i diaconi!». Ignazio di Antiochia, scrivendo al giovane vescovo di Smirne, Policarpo, diceva: «Porta sulle tue spalle gli altri, come Cristo porta te». Se la chiesa è servizio, essa deve essere educata al servizio esattamente da chi ha il “sacramento” del servizio. Non bisogna mai confondere il carisma con le supplenze che a volte si è chiamati a fare. La chiesa è strumento di servizio: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dòminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore» (Mt 20,25-26). Nella chiesa la struttura non è quella piramidale ma quella del servizio. La “lavanda dei piedi”: questo è lo statuto della chiesa. Con una serie di domande don Lorenzo ha stimolato i diaconi a riflettere e interrogarsi sulla loro identità: «Qual è lo spazio dei diaconi nel presbiterio diocesano?». Qual è il ruolo dei diaconi in una parrocchia? Per esempio promuovere il volontariato, tenere dei corsi a tale scopo potrebbe essere una specificità del diaconato.

Nei ritiri del clero il vescovo Pompili invita sempre anche i diaconi permanenti. Ma a volte ai vescovi sfugge questa grande realtà del diaconato; per esempio, in una recente lettera dei vescovi italiani dal titolo «Lievito di fraternità», non si fa il benché minimo cenno ai diaconi. Il diaconato nella chiesa italiana sembra non avere ancora il suo spazio.

Raccogliendo le sollecitazioni di don Lorenzo, che porta il nome di un diacono, rifletteremo su questi temi anche nei prossimi incontri di formazione che riprenderanno presso la Casa Buon Pastore, l’ultimo sabato del mese, a partire dal 28 aprile 2018.