Alla radice della pace…

…c’è la preghiera. Dono che “deve essere accolto ogni giorno”

Verbo, vita, luce. Parole che Giovanni usa come simboli nel suo prologo del Vangelo. In principio era il verbo, leggiamo. Verbo, logos in greco; parola. Anche la Genesi si apre con queste parole: in principio. Legame profondo tra Antico e Nuovo Testamento, per dire che fin dall’inizio il verbo è all’origine: il logos – ragione, verbo, parola – si è fatto carne, e ha messo la tenda in mezzo a noi. Il verbo, dunque, che è vita e luce, come abbiamo letto e annunciato in questi giorni di Natale.

La tenda è simbolo di fragilità in un mondo dove è l’aspetto del potere, della forza ad essere posto in primo piano. Ma in questo tempo di Natale abbiamo visto che è proprio la fragilità, la debolezza che il Signore predilige: si fa bambino, nasce in una mangiatoia, si mostra ai pastori, si fa immigrato, diremmo oggi. Luce che vince le tenebre. E quanto bisogno c’è di luce in un tempo come il nostro in cui una grave crisi decennale, sembra favorire scorciatoie che poco hanno a che vedere con il bene comune. La luce – Gesù – è venuta nel mondo “ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie” dice Papa Francesco all’Angelus. “Chiunque, infatti, fa il male, odia la luce, e non viene la luce perché le sue opere non vengano riprovate”, scrive Giovanni.

Le parole del Papa, in questa seconda domenica dopo Natale, sono ancora un messaggio di speranza, perché quella luce rischiari la notte dell’uomo, vinca le tenebre dei conflitti, della contrapposizione, della violenza e della guerra. È luce che parla di pace, di fratelli e non di schiavi: “ogni uomo e ogni popolo hanno fame e sete di pace; pertanto è necessario e urgente costruire la pace”, afferma il Papa. È Paolo VI a inventare, nel 1967, la giornata della pace, all’inizio dell’anno come augurio e promessa, dirà Montini, perché sia la pace, “con il suo giusto e benefico equilibrio, a dominare lo svolgimento della storia”. Era Pontefice da poco più di quattro anni, Montini, quando celebra il primo appuntamento dedicato alla pace. Alle spalle le prese di posizione dei suoi predecessori da Benedetto XV che bolla il primo conflitto mondiale come inutile strage, a Pio XII che chiede al re di non far entrare l’Italia in guerra, a Giovanni XXIII che si impegna a evitare il conflitto tra Unione Sovietica e Stati Uniti per la crisi dei missili a Cuba, e scrive la Pacem in terris. È il Papa, Montini, che alle Nazioni Unite grida il suo no alla guerra, perché è la pace che deve guidare la storia degli uomini: “la pace non è pacifismo, non nasconde – dirà – una concezione vile e pigra della vita, ma proclama i più alti valori della vita: la verità, la giustizia, la libertà e l’amore”. I quattro pilastri della casa della pace per Roncalli.

Sviluppo e solidarietà costruiscono, per Giovanni Paolo II, la pace, che non è solo assenza di conflitti. La pace, dice all’Angelus Francesco è “una condizione generale nella quale la persona umana è in armonia con se stessa, in armonia con la natura e in armonia con gli altri. Questa è la pace”. Importante far tacere le armi, spegnere i focolai di guerra; fermare l’ingiusto aggressore, aveva detto Papa Bergoglio a proposito delle azioni dei gruppi fondamentalisti del cosiddetto califfato.

Il Papa pensa ai conflitti che insanguinano ancora troppe regioni del Pianeta, “alle tensioni nelle famiglie e nelle comunità – ma in quante famiglie, in quante comunità, anche parrocchiali, c’è la guerra – come pure ai contrasti accesi nelle nostre città e nei nostri paesi tra gruppi di diversa estrazione culturale, etnica e religiosa”. La pace è possibile e non c’è futuro senza pace. Ma questa è dono di Dio e “alla radice della pace c’è la preghiera”; dono che “deve essere accolto ogni giorno con impegno, nelle situazioni in cui ci troviamo”. Per questo Papa Francesco chiede, all’angelus, di compiere gesti di fraternità nei confronti del prossimo, “specialmente di coloro che sono provati da tensioni familiari o da dissidi di vario genere”. Sono proprio questi piccoli gesti ad avere valore, “possono essere semi che danno speranza, possono aprire strade e prospettive di pace”.