Al Violangelo, la seconda manifestazione di Teatro in Provincia

Violetta Chiarini con la sua Compagnia ha presentato a Casperia (RI), presso il Centro Culturale Piccolo Teatro del Violangelo, la seconda manifestazione del terzo anno di Teatro in Provincia, un progetto a cura di Duska Bisconti, promosso dal Centro Nazionale di Drammaturgia Italiana Contemporanea (Ce.N.D.I.C), diretto da Maria Letizia Compatangelo, il quale ha lo scopo di valorizzare e promuovere nel mondo le opere dei drammaturghi italiani viventi. Nelle serate a cadenza mensile previste fino a primavera, per questa terza stagione del progetto nazionale, vengono presentati a rotazione 31 autori in 10 teatri di altrettante città, per la maggior parte capoluoghi di provincia, del nord, del centro e del sud d’Italia. Nella serata di dicembre a Casperia, suggestivo borgo medioevale della Sabina e la più piccola delle città partecipanti alla kermesse teatrale, abbiamo assistito alla mise en espace di testi brevi di sei autori: Patrizio Cossa, Daniela Igliozzi, Roberto Marafante, Guglielmo Masetti Zannini, Antonio Sapienza e Paolo Valentini, interpretati da Andrea Bonella, Violetta Chiarini, Cristina Fondi, Antonio Fusaro e Liliana Paganini, con la collaborazione tecnica di Jacopo Meucci e Francesca Teora. Stavolta il talento registico che Violetta Chiarini ha dimostrato nelle numerose manifestazioni di Teatro in Provincia delle due stagioni trascorse, si è dovuto scontrare con testi per la maggior parte non all’altezza di quelli precedenti e il cui contenuto, spesso scabroso, finisce col far esondare, fino a infastidire, la volgarità del linguaggio. Per fortuna l’atmosfera raccolta e quasi intima che si respira nel Piccolo Teatro del Violangelo produce una corrente immediata di empatia tra chi agisce e chi fruisce, creando una sorta di magica complicità tra attori e spettatori – di cui favorisce l’attenzione – che fa passare con naturale facilità anche le pièce più difficili da accettare. Così è stato per “Un tesoro di vecchietto, ovvero, Oro colato” di Roberto Marafante: un giovane guardone, cliente di una prostituta scomparsa, racconta alla polizia che lo sta interrogando di aver visto la donna trasformarsi in un’aurea statua durante la fellatio a un barbone, da lei ridotto in schiavitù, il cui seme diventa oro. Interpretazione intelligentemente sfaccettata del giovane Andrea Bonella e tocco leggero chiariniano di regia, minimizzando i lati meno gradevoli del testo, ne hanno distillato un vago sapore di favola d’oriente. Anche in “Sofia, diario di una escort” di Paolo Valentini protagonista è una prostituta, ma stavolta la vittima non è il cliente, bensì la donna stessa che due cinici uomini d’affari uccidono, dopo averla assoldata al solo scopo di fotografarla mentre muore per successivi atti di violenza. Una forma di noir, con punta di snobismo intellettuale, ben strutturato sul piano drammaturgico, in cui la protagonista racconta le fasi della propria dipartita con sottile autoironia e ricorrendo al linguaggio dell’alta moda e della cosmesi di lusso, con sciorinamento di griffes e marchi famosi. Elegante e drammatica a un tempo l’interpretazione di Cristina Fondi, perfetta nel ruolo di affascinante escort-fotomodella. E sempre in tema di sesso e violenza ecco “Buio” di Patrizio Cossa: un uomo è processato e condannato a morte per l’uccisione di una donna durante un gioco erotico estremo, all’interno di un rapporto di perversione sessuale, rivissuto dalla coppia attraverso un flash back. Linguaggio e immagini crudi e violenti dovrebbero, nelle intenzioni dell’autore, essere giustificati e riscattati – ma non ci riescono – da un’arringa finale che il condannato fa alla Corte giudicante, e ai benpensanti in generale, accusandoli di vivere in segreto la sua stessa perversione, che egli considera la più normale tra le devianze umane. Anche stavolta l’ottima recitazione di due attori di classe come Andrea Bonella e Cristina Fondi, ben coadiuvati nella sovrabbondante parte didascalica da Liliana Paganini con la scelta intelligente di toni asciutti e distaccati, e la sapiente regia di Violetta Chiarini hanno conferito leggerezza e fruibilità alla indigeribilità del testo. Dopo il cupo trittico sulle perversioni, l’orizzonte del tema sessuale si schiarisce con “Addio, bello!” di Antonio Sapienza. La pièce, che ci richiama alla mente “Io e lui” di moraviana memoria, tratta con frizzante ironia il problema dell’inevitabile impotenza fallica legata alla decadenza senile. Ben costruito teatralmente, fantasioso e mai volgare, il monologo con evocazione di personaggi, è stato affidato, in sostituzione del protagonista ammalatosi, a un attore amatoriale, Antonio Fusillo, che l’ha interpretato in modo autoironico e divertente. In tutt’altra atmosfera ci immerge “Il sogno di Rita”, un garbato monologo di Guglielmo Masetti Zannini, interpretato con toni di calda umanità in un piacevole accento romanesco da Liliana Paganini, che ha creato un personaggio di forte simpatia: una donna povera, ma dignitosa, che dispensa la sua contagiosa allegria tra la gente del suo quartiere, ottenendone doni e favori in segno di gratitudine. Ma quando per curiosità e spirito d’avventura si aggira in un luogo sconosciuto, trova persone indifferenti e non riesce a creare lo stesso proficuo scambio. Non le resta che tornare nel suo quartiere e rinunciare al suo sogno di scoprire posti nuovi. Ancora un personaggio femminile per “La grande occasione” di Daniela Igliozzi, soliloquio dal sapore dolce-amaro di un intelligente femminismo, con evocazione di svariati personaggi, senza dubbio il miglior testo della serata. Lisa, casalinga full time con interessi socio-culturali, arriva sola nella casa di montagna dove più tardi la dovrebbero raggiungere la sua famiglia e gli amici, per i quali ha preparato prelibatezze culinarie e si affatica nell’allestimento di un’accoglienza al massimo del confort. Ma un’imprevista tempesta di neve impedisce ai suoi di arrivare e a lei di uscire e la dimenticanza del caricatore del cellulare la isola dal mondo. Dopo una prima reazione di disperazione per la sorte dei suoi cari e per la sua propria sorte, Lisa, rassegnatasi ad aspettare il ritorno del sereno e quindi della normalità, è indotta a una profonda ancorché tardiva autocoscienza e, come risvegliata a nuova vita, vede nella sua avventura un’irripetibile grande occasione per occuparsi finalmente di sé stessa, per coccolarsi, per fruire delle cose che ama, che sono lì nella casa, per godere di tutto ciò da cui la sua eccessiva oblatività l’ha finora tenuta lontana. Nella parte di Lisa Violetta Chiarini ha dato al pubblico più di un’emozione nei vari passaggi psicologici di questo personaggio a sorpresa, con una ricca tavolozza di stati d’animo, dall’angoscia alla consapevolezza di una recuperata libertà. Tutti i corti sono stati valorizzati da chiose musicali di lieder e songs di autori del ‘900, tra cui Weill, Lehàr, Stoltz, Perrotin, cantati dalla stessa Chiarini e abbinati ai testi in base ad affinità di contenuto.
Il pubblico, attento e partecipe, come sempre ha votato a fine spettacolo il testo preferito, dando luogo, per la cronaca, a un ex aequo di Sapienza e Masetti Zannini, seguiti da Marafante e da un altro ex aequo di Igliozzi e Valentini. Tra le personalità presenti fra gli spettatori, oltre a Duska Bisconti, il Maestro Pietro Carriglio, la principessa Caterina Carpegna e, in rappresentanza del Comune di Casperia, Marco Cossu, assessore dell’Unione di Comuni “Nòva Sabina”.