Chiesa di Rieti

Al lavoro per un mondo migliore

Che mondo vogliamo lasciare a chi verrà dopo di noi? Lo dice bene papa Francesco, nella sua enciclica Laudato si', per analizzare e descrivere cosa sta accadendo alla nostra casa comune: un pianeta che sembra andare in rovina, e che dobbiamo affrettarci a curare prima che sia troppo tardi

Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi? E ai bambini che stanno crescendo?

«È per rispondere a queste domande – ha detto il vescovo Domenico dopo il rosario di ieri sera – che papa Francesco nel primo capitolo della Laudato si’ si affretta ad offrire i migliori frutti della ricerca scientifica oggi disponibile per descrivere cosa sta accadendo alla casa comune. Perchè occorre vedere con i propri occhi e riconoscere i sintomi per poi decidere di intervenire».

Il primo inquietante sintomo è l’inquinamento. «La terra nostra casa – scrive papa Francesco – sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di immondizia».

E poi, ci sono i cambiamenti climatici, «dove l’impatto più pesante ricade sui più poveri». Senza dimenticare il problema dell’acqua, «se è vero che intere popolazioni, specie bambini, si ammalano e muoiono per aver bevuto acqua non potabile, mentre continua l’inquinamento delle falde acquifere a causa degli scarichi di fabbriche e città».

E ancora, la perdita della biodiversità. «Ogni anno – scrive sempre il Papa nell’enciclica – scompaiono migliaia di specie vegetali ed animali, che non potremo più conoscere nè i nostri figli potranno vedere: specie perse per sempre, la stragrande maggioranza delle quali si estingue per ragioni che hanno a che fare con qualche attività umana».

«C’è anche il deterioramento della qualità della vita umana, specie nelle grandi metropoli, a causa delle emissioni tossiche, ma anche per il caos urbano, i problemi del trasporto e dell’inquinamento visivo ed acustico».

Papa Francesco parla chiaro: «Molte città sono grandi strutture inefficienti che consumano in eccesso acqua ed energia».

Su tutto, ci sono le divergenze sociali, e l’iniquità planetaria, poichè «i più deboli e gli esclusi sono i più penalizzati da questa nostra casa comune che sembra andare in rovina».

«Insomma – ha concluso monsignor Pompili – il grido della Terra è lo stesso grido dei poveri. Dinanzi a questi dati c’è però sempre qualcuno che fa il negazionista, e nega perfino l’evidenza: un po’ come quelli che all’inizio della pandemia dicevano che era solo un’influenza, magari per paura di dovere interrompere le loro attività. Il punto è invece quello di non dimenticare la realtà e in particolare non dimenticare che noi stessi siamo terra, e il nostro stesso corpo è costituito dagli elementi del nostro pianeta: la sua aria è quella che ci dà il respiro, e la sua acqua ci vivifica e ristora».