Agricoltura. Coldiretti, aumenta l’impegno dei giovani. “Non lasciamoli soli”

Il fenomeno dei giovani imprenditori rurali riguarda Nord, Centro e Sud Italia, ma per valore aggiunto e numero di occupati il Centro e soprattutto il Sud stanno facendo la parte del leone. L’appello della Coldiretti: “C’è un Mezzogiorno vivace, che vuole crescere e che le aziende e i giovani imprenditori agricoli stanno interpretando. Non lasciamoli soli”

Buone notizie dal mondo dell’agricoltura italiana: la situazione occupazionale sta evolvendo in maniera positiva con un aumento delle presenze giovanili (al di sotto dei 35 anni) di ben il +12%, rispetto a un modesto +1% registrato in altri settori dopo l’introduzione del Jobs Act. Spiega la presidente dei giovani imprenditori di Coldiretti, Maria Letizia Gardoni, che “questo aumento fa riferimento a giovani che hanno preso in mano le aziende di famiglia, ma anche a quelle che potremmo chiamare ‘new entry’, cioè ragazzi e ragazze provenienti da altri mondi culturali e produttivi e che hanno deciso di impegnarsi e investire nell’agro-alimentare avendone individuato possibilità di crescita e di realizzazione”.

Sul totale di 800mila imprese agricole aderenti a Coldiretti, quelle gestite da under35 sono ben 70mila, quasi il 10%, una percentuale notevole considerati i momenti di crisi che riguardano il lattiero-caseario, il grano e la carne.

È vero – dicono in Coldiretti – che della crisi si è accorda anche l’Unione europea, la quale ha varato proprio nei giorni scorsi un consistente pacchetto di aiuti: in totale verranno erogati 500 milioni di euro e l’Italia percepirà per il lattiero-caseario e l’ortofrutta 21 milioni. Un po’ di rammarico c’è per la modestia della cifra, considerata l’importanza del settore per l’economia nazionale ed europea: ad esempio, la Francia prenderà 49,9 milioni di euro, due volte e mezzo l’Italia; la Germania 57,9 milioni e la “piccola” Olanda 22,9 milioni. Da noi ci consoliamo col fatto che sarà possibile una sorta di soccorso di emergenza consistente nella possibilità di ottenere aiuti pubblici per lo stoccaggio della polvere di latte scremato (fino a 350 mila tonnellate). Tuttavia, pur di fronte a dati non sempre confortanti, i giovani appaiono molto attratti dal lavoro nei campi e nelle fattorie.

Più 15% di occupati e più 9% di giovani imprenditori. Sarà per la consapevolezza della leadership mondiale di cui l’Italia gode per il turismo eno-gastronomico e per la produzione di ben 283 specialità Dop/Igp (Denominazione di origine protetta; Indicazione geografica protetta) riconosciute a livello comunitario e di ben 415 vini Doc/Docg (Denominazione di origine controllata; Denominazione di origine controllata e garantita). Sarà perché si sta sviluppando una cultura “vegetariana” sempre più diffusa e basata sulla ricerca di cibi genuini e salutari: il risultato è che un numero crescente di giovani nel nostro Paese guarda al mondo agricolo come ad una sorta di “eden” professionale e lavorativo. In numeri assoluti, basandosi sui dati Istat, i giovani lavoratori agricoli dipendenti sono cresciuti in un anno del 15%, mentre gli “indipendenti”, vale a dire imprenditori agricoli, coadiuvanti familiari e soci di cooperative agricole, sono aumentati del 9%. Tali aumenti riguardano per i maschi il +16% mentre le ragazze registrano un +5%, quindi con una crescita abbastanza paritetica. Le stime per l’estate attuale sono di quasi 150mila under35 variamente impegnati sia nella coltivazione e raccolta, sia in lavori innovativi quali animatore di agriturismo, vendita di prodotti tipici e “bio”, addetti a campi e fattorie ecologiche per i più piccoli, manutenzione del verde. Coldiretti ha realizzato indagini-campione dalle quali è emerso che

il 68% dei giovani vorrebbe provare l’esperienza di lavorare in estate presso aziende agricole e agriturismi.

I “figli d’arte”, invece – vale a dire i rampolli di imprenditori agricoli – stanno mostrando una tendenza molto interessante: oltre la metà di loro raggiunge una laurea, il 57% sperimenta tecniche innovative una volta entrati in azienda, e circa il 75% di loro si dicono “orgogliosi” del lavoro fatto oltre che “contenti più di prima” per la bontà della scelta compiuta.

Il comparto vale il 15% del Pil. Lo comprovano anche i dati nazionali sulle immatricolazioni ai corsi di laurea in agraria: nel 2006 erano 4.909 e dieci anni dopo sono stabilizzati attorno ai 9.700, cioè sono raddoppiati. Sono cifre che parlano di una riscoperta degli antichi “valori della terra”, del vivere sano, del sudore della fronte a coltivare, irrigare, raccogliere, trasformare e poi vendere il frutto del proprio lavoro spesso “a km zero”, come si dice, cioè a un mercato di prossimità dove si apprezza la qualità della produzione a discapito dei prezzi magari più bassi della grande distribuzione. L’agricoltura italiana ha, del resto, numeri di un certo peso:

il valore complessivo dell’agroalimentare del Paese è di 246 miliardi (15% del Pil) anche se gli addetti sono attorno al 2/3% secondo i settori.

Ciò che dà forza, anche occupazionale, è tutta la filiera della trasformazione, il Dop, l’Igp, l’“origine controllata” e “garantita” che proietta le nostre 4.866 specialità tradizionali regionali ai vertici qualitativi delle produzioni continentali. In Italia siamo campioni nella purezza dei cibi e prodotti, con solo lo 0,4% della presenza di residui chimici irregolari o dannosi, contro una media Ue dell’1,4% europea e del 7,5% extracomunitaria. Abbiamo anche una marcia in più sulle coltivazioni biologiche, col 10,8% delle superfici coltivate e un aumento degli operatori del settore del 5,8% per un totale di oltre 55mila imprese. Aumenta il “bio” e il “vegetariano” ma aumentano anche i capi suini allevati (+15,2%) e il pollame (+13,9%). Per non parlare dei 22mila agriturismi, i 10mila mercatini e fattorie didattiche dove fare acquisti “km zero” e “campagna amica”, le centinaia di città e piccoli borghi caratterizzati da produzioni, feste e sagre dei prodotti locali che raggiungono a volte una fama internazionale.

Giovani imprenditori del Sud: “Non lasciamoli soli”. “Davanti a questo panorama così ricco e promettente – sottolinea la presidente dei giovani di Coldiretti – la presenza crescente di ragazzi e ragazze ben motivati è

un elemento di speranza.

Si coglie una preparazione culturale più alta, che aiuta la trasformazione del mondo rurale. C’è anche la consapevolezza che il sistema formativo specifico, anche l’università, necessiti di un aggiornamento. Non a caso abbiamo avviato con il ministero dell’Istruzione dei progetti specifici per innovare i percorsi didatti degli istituti superiori e delle facoltà di agraria”. Secondo Maria Letizia Gardoni, “oggi si rischia di raccontare un mondo agricolo che non c’è più, perché superato dalla voglia d’innovazione che viene dalle ultime generazioni di imprenditori rurali. Il fenomeno riguarda Nord, Centro e Sud Italia, ma per valore aggiunto e numero di occupati il Centro e soprattutto il Sud stanno facendo la parte del leone. Quindi – conclude – vorrei lanciare un appello:

Italia, svegliamoci!

C’è un Mezzogiorno vivace, che vuole crescere e che le aziende e i giovani imprenditori agricoli stanno interpretando. Non lasciamoli soli”.