Adolescenti e sigarette: “educĕre” per prevenire

Esercizio della responsabilità commisurata all’età, abitudine al progettarsi, crescita in consapevolezza e contatto con le proprie emozioni. La difficile arte dell’«Educere», il necessario atteggiamento di prevenzione alle dipendenze.

Tanti sono i giovani e gli adolescenti che fumano sigarette e che fanno di questa pratica un’abitudine alla quale difficilmente rinunciano. Tante le ricerche condotte sui danni prodotti dal fumo, i cui risultati sono diffusi e condivisi nei luoghi in cui i giovani e gli adolescenti vivono e trascorrono la maggior parte del loro tempo. Tante le campagne di prevenzione primaria, quelle dirette ad approfondire il rapporto tra fumo e adolescenti e numerose e severe le leggi contro il fumo. Eppure il tabagismo continua a svilupparsi e diffondersi tra gli adolescenti, preoccupando genitori, insegnanti e educatori.

Cosa accade nella mente di un adolescente che inizia a fumare? Quali sono le motivazioni più significative che lo spingono a immettere nel proprio corpo sostanze altamente nocive, spesso non riconoscendole come tali ? Cosa fare davanti al triste spettacolo di decine di adolescenti che si accendono la sigaretta in modo ripetitivo, quasi ossessivo, alla ricerca di spazi e tempi ritagliati nascostamente nel corso della giornata ? La questione può essere affrontata da diversi punti di vista. Si può fare riferimento all’esito di numerose e accreditate ricerche condotte da anni in diverse parti del mondo. Ci si può attrezzare con precise teorie, afferenti diversi campi della Psicologia Clinica, ma anche chiamare in causa aspetti sociologici e antropologici, fattori sociali, culturali, economici, fisiologici e di personalità. Approcci indubbiamente di riconosciuto spessore e credibilità scientifica.

In questa sede accenneremo solo ad una delle dimensioni coinvolte, quella legata alla crescita, lo sviluppo e l’affermazione di sé, l’avventura più significativa e “rischiosa” che tutti affrontiamo nella vita, il cosiddetto processo di individuazione. Fumare è infatti indubbiamente un comportamento che implica il confronto con il rischio, una declinazione del vissuto adolescenziale che caratterizza e aiuta a comprendere la psicologia e il perché di alcuni comportamenti dei più giovani. Ciò è tanto più vero considerando che l’uso, e l’abuso, di fumo di sigaretta, si affianca a sua volta a ulteriori comportamenti “a rischio”, spesso tesi alla ricerca di un’affermazione di sé, che possono esprimersi in molteplici modi.

È paradossale pensare al mondo degli adulti, che rappresenta il futuro nel quale si vede proiettato l’adolescente e che pertanto funge da orizzonte di riferimento e modello a cui tendere, sia anche quello che fa uso della sigaretta senza censure, dando l’idea dell’età adulta come libera da vincoli e costrizioni, nella quale, i “grandi”, non devono render conto a nessuno della loro libertà … di fumare. Si tratta in sostanza di un mondo adulto che invia agli adolescenti un doppio messaggio, estremamente contraddittorio: non fumare, perché fa male, crea dipendenza, ma se sei adulto queste “preoccupazioni” non sono più così importanti, sei libero di scegliere. Il risultato: barattare un becero senso della libertà, che acquieta la coscienza, per la salute fisica e psichica degli adolescenti. Se quindi fumare fa male, puoi farti del male, ma devi essere adulto.

Sembra solo un gioco di parole o una visione riduttiva del problema, ed in parte lo è, come accennato in premessa, ma questa lettura della questione non è certo una sua banalizzazione perché è la responsabilità educativa, personale e sociale, che è chiamata in causa. Ecco il perché delle tante campagne di prevenzione che si fanno in Italia, la stessa Italia che vende e guadagna sulle sigarette. In continuità con l’impostazione di cui appena sopra, risulta quindi più che legittimo, e quanto meno doveroso, fornire all’adolescente piste e possibilità di affermazione di sé praticabili, rispettose della sua età e delle sue possibilità, facendo attenzione alle dimensioni che si offrono e che si fanno sperimentare, ai quei comportamenti “a rischio” che davvero sono in grado di coniugare la necessaria temerarietà e il rispetto di sé e degli altri.

Parlare di prevenzione del fumo significa quindi sollecitare il mondo degli adulti a riflettere su di sé, e non far finta di non vedere la contraddittorietà dei comportamenti che trasmette, all’accettazione di un alibi più o meno credibile a cui anche l’adolescente fa finta di credere. Dare invece sicurezza affettiva, occasioni di crescita in consapevolezza e autostima, sono le prospettive inderogabili che un mondo adulto non può evitare. È infatti noto che gli adolescenti che hanno un “deficit” di progettualità, che vivono momenti di smarrimento e hanno difficoltà a trovare soddisfazione in determinati campi dell’agire umano, sono più facili al fumare.

Una visione “povera” di futuro, pessimista e caratterizzata dalla conflittualità, avvicina ai comportamenti a rischio e tra questi il più diffuso è proprio il fumo. È talmente vera una tale dinamica, che la correlazione diretta tra fumo e condizione positiva che si vive, ricoprendo il proprio ruolo e vivendo la propria identità, è molto bassa. Si potrebbe quasi sintetizzare, maggiore consapevolezza, meno fumo, maggiore possibilità di espressione di sé, di progettarsi, di possibilità di partecipazione sociale, di vedersi nel futuro in una prospettiva positiva, meno comportamenti “a rischio”. Maggiore contatto con le proprie emozioni e accettazione di sé da parte degli altri, in particolare delle figure parentali, meno dipendenza da comportamenti e sostanze di qualsiasi genere. Insomma, pur nei limiti di una fisiologica difficoltà dell’essere genitori, insegnanti, educatori, tendere a interpretare al meglio la difficile opera del “trarre fuori”, dell’ “educĕre”, nel senso più nobile e autentico del termine, è forse la migliore pratica preventiva che si possa applicare e perseguire per il bene dei più piccoli.