A Colli sul Velino il bicentenario della parrocchia: grati a chi ci ha preceduto, testimoni per chi ci seguirà

Memoria e profezia: grati a chi ci ha preceduto, testimoni per chi ci seguirà. Il valore di una dimensione che unisce passato, presente e futuro, nel cammino di una comunità cristiana, lo ha ribadito monsignor Lorenzo Chiarinelli nel primo appuntamento celebrativo che ha caratterizzato i festeggiamenti, tra Labro e Colli, del secondo centenario dell’istituzione della parrocchia Santa Maria Maddalena, nata nel 1818 nell’allora Colli di Labro come ente parrocchiale autonomo dalla sua “matrice” che era fino ad allora appunto Labro. Il vescovo Fioravanti, accogliendo le istanze della comunità collana che per secoli era stata seguita come cappellania da qualcuno dei canonici che, nella collegiata di Labro, affiancavano l’arciprete, istituiva la parrocchia nel paese che oggi si chiama Colli sul Velino ed ha raggiunto negli anni Sessanta l’autonomia da Labro anche civile come Comune a sé. Una storia di suddivisione tra le due comunità che non ha però spezzato la comunione di fede e che oggi si è felicemente in qualche modo riunita con l’essere le due parrocchie curate dallo stesso parroco: dopo la morte di don Settimio Liberali, che di Labro era stato parroco per oltre settant’anni, è stato don Luciano Candotti, parroco di Colli sul Velino, ad assumere la cura pastorale anche dello stupendo paese che si erge tra Valle reatina e Valnerina, oggi poco popolato ma gioiello invidiato da tutti.

In prima fila, nella storica collegiata di Santa Maria Maggiore, chiesa matrice della comunità collana, i due sindaci, Gastone Curini di Labro e Alberto Micangeli di Colli, protagonisti del particolare momento che conclude la liturgia della Parola presieduta da monsignor Chiarinelli: l’omaggio dei collani ai labresi, con il dono di una sacra immagine (bassorilievo realizzato dall’artista Franco Bellardi) raffigurante il patrono di Labro san Pancrazio.

E nella collegiata si sono radunati anche alcuni membri di confraternite provenienti da vari punti della diocesi, su invito del coordinamento diocesano che fa capo all’Ufficio evangelizzazione e catechesi e al suo direttore padre Mariano Pappalardo, presente assieme a don Candotti e a monsignor Chiarinelli: sono intervenuti confratelli da Cantalice (San Felice e Madonna delle Grazie, oltre a San Liberato della frazione omonima), da Cittaducale (Santissimo Sacramento), da Rieti (Pia Unione Sant’Antonio), da Leonessa (San Giuseppe cappuccino). Primo momento, per loro, di condividere la gioia di una comunità, quella collana, che a due secoli dalla sua nascita ha voluto riandare alle proprie radici, in quel di Labro che ha avuto una ricca storia di confraternite, oggi purtroppo rimaste sulla carta in seguito allo spopolamento, ma patrimonio di una fede di cui si vuole fare memoria.

Monsignor Chiarinelli, commentando un brano degli Atti degli Apostoli, si sofferma sulla ricchezza e varietà che caratterizzava la primitiva comunità cristiana, formata da persone diverse che sapevano fare comunione nella fede. È quella fede che ha guidato per secoli i nostri padri, e di cui occorre essere grati nella memoria, protesi alla profezia del saperla trasmettere alle generazioni future, è la riflessione del vescovo emerito di Viterbo. Bello, ha sottolineato, vedere insieme le due comunità riunite a far festa a duecento anni di un evento, lo staccarsi della parrocchia collana dalla “madre” Labro, che allora fu un evento drammatico, condito da ripicche, insoddisfazioni, gelosie, incomprensioni. Oggi si fa festa insieme, le comunità parrocchiali e le comunità anche civili, rappresentate dai primi cittadini, e ciò è un segno di quella comunione che nasce da una fede capace di mettere da parte divisioni e rancori per camminare verso l’unico grande obiettivo che è l’edificazione del regno di Dio.