87. “Caritas in Veritate”. Partecipazione economica, espressione politica e sviluppo sociale

Partecipazione economica, espressione politica e sviluppo sociale, le tre dimensioni alla base di un’idea di sviluppo umano secondo il nostro tempo.

Nel secondo capitolo della Caritas in Veritate, Benedetto XVI, dopo aver ripreso il tema dello sviluppo umano partendo dai pronunciamenti dei suoi predecessori entra nel cuore del problema, sottolineando lo stretto rapporto tra sviluppo umano, verità e carità. Il Papa ha una posizione chiara: i piani economico, sociale e politico non possono essere sottovalutati, ne tenuti divisi, all’interno di una riflessione adeguata e vera sulle prospettive di sviluppo di ogni popolo, ancor più di quelli in difficoltà.

Già per Paolo VI permettere lo sviluppo dei popoli significa perseguire «la loro partecipazione attiva e in condizioni di parità al processo economico internazionale; dal punto di vista sociale, la loro evoluzione verso società istruite e solidali; dal punto di vista politico, il consolidamento di regimi democratici in grado di assicurare libertà e pace». Quest’ultimo punto è quanto mai attuale: la lotta per la democrazia, soprattutto nel mondo orientale, è il tema dominante degli eventi storici di questi ultimissimi anni. Una lotta non più spinta da una volontà esterna, spesso mascherata da un’ipocrita intenzione di “esportare” la democrazia, ma che indubbiamente parte dal basso ed esplode in tutta la sua forza nelle forme di protesta che i popoli oppressi stanno esprimendo con giovanile e disperato entusiasmo.

In fondo la richiesta è semplice: libertà e pace. Traguardi che si scontrano con interessi voraci dentro e fuori le nazioni coinvolte. Benedetto XVI si domanda quanto le attese di Papa Paolo VI siano oggi confermate. Domanda dolorosa che investe responsabilità nazionali e internazionali, soprattutto in tempi così difficili per i più deboli. La Dottrina sociale della Chiesa certamente non è stata pigra nel proporsi e sottolineare i principi a cui attenersi nel gestire problematiche economiche, sociale e politiche. Oggi, in tempi di “vacche magre” esplodono tutti i nodi non sciolti, tutte le contraddizioni e le ipocrisie mai affrontate, le conseguenze di scelte contrarie al vero modello di sviluppo dell’umanità, quello fondato sulla verità e la carità. La responsabilità è grande. Capita di trovare chi si nasconde dietro scuse “sociologiche”.

In realtà non si vuole riconoscere che le scelte sono state tutte ispirate da un unico criterio: la ricerca del profitto. Così facendo si distrugge il bene comune. Lo sviluppo economico che non porta ad una crescita in termini di democrazia, che tralascia di curare aspetti centrali del progresso sociale e culturale, non è sviluppo. È una chiara espressione di egoismo che, aggiungiamo noi, rinvigorisce quelle che Papa Giovanni Paolo II chiamava «strutture di peccato». Occorre prendere coscienza e difendere l’idea che l’attuale crisi «ci pone improrogabilmente di fronte a scelte che riguardano sempre più il destino stesso dell’uomo, il quale peraltro non può prescindere dalla sua natura».

Perché allora non trasformare l’occasione difficile in una nuova opportunità di sviluppo? È il momento giusto per impostare un modo diverso per gestire i processi economici, attento alle dimensioni di cui sopra anche solo per evitare che l’umanità si ritrovi, tra qualche anno, sullo stesso precipizio in cui oggi si trova. Si tratta di dare spazio ad una nuova progettualità che dovrà porre alla sua base una “nuova sintesi umanistica”. Un qualcosa che provoca e interpella le responsabilità di tutti.