50° di professione per suor Beatrice e suor Donata: «Libertà, concretezza e fiducia»

«La vostra missione è stata la scuola. E in questi cinquant’anni in cui si è svolta la vostra professione siete state libere, concrete e innovative, così come chiede a tutti noi il vangelo di oggi, che è di San Marco. Una grande questione si pone a tutti noi in questi giorni. Nel Lazio negli ultimi vent’anni il fatto che si sia passati da 450 istituti non statali a 190, ci deve far riflettere. La differenza non è data soltanto dalla cosiddetta crisi demografica, ma forse è il segno di una urgente necessità di conversione a cui ci sprona il vangelo di questa mattina: il bisogno cioè di una conversione che insieme dobbiamo promuovere, innanzi ai problemi che siamo chiamati ad affrontare». È stato questo il contenuto dell’omelia che il vescovo Domenico ha pronunciato domenica scorsa a Sant’Agostino, rivolgendosi a suor Beatrice e a suor Donata, che celebravano il cinquantesimo di professione ed erano venute all’altare, per rinnovarla.

L’omelia del Vescovo ha ruotato attorno a tre parole che ha ricavato dal passo di Matteo in cui l’evangelista racconta come i dotti ed i sapienti di Israele abbiano rifiutato Gesù, mentre i peccatori, individuati nei pubblicani e nelle donne di malaffare, abbiano riconosciuto prima i loro peccati ed in seguito a questo atto di umiltà e di riflessione, abbiano cambiato vita e si siano convertiti. Le tre parole di don Domenico sono state: libertà, concretezza e fiducia.

Rivolto alle due suore visibilmente commosse il Vescovo ha continuato: «In questi cinquant’anni avete dimostrato libertà anche nella scuola in cui avete lavorato e questo ha fatto la differenza emersa dalla vostra missione. Siete state molto concrete ed entrambe ispirate alla fiducia. Le cose possono cambiare e possono innovare».

Una piccola suora era salita prima all’altare con le mani poste come un trono su cui giaceva un bambinello grazioso e paffutello forse tolto poco prima da un presepe e, innanzi a quanti affollavano la Basilica di Sant’Agostino (suore di altri ordini e congregazioni, giovani dell’Istituto Bambino Gesù, parenti ed estimatrici di suor Beatrice e suor Donata), ha compiuto un gesto significativo e commovente, deponendo il Bambino su di una culla sul lato sinistro dell’altare prima che il vescovo Domenico, entrando in chiesa attorniato dall’emerito di Viterbo mons Lorenzo Chiarinelli, da sacerdoti e diaconi, lo incensasse e lo benedicesse.

Così è iniziata in un atmosfera segnata da questo gesto emblematico che ha richiamato alle memoria i carismi delle Oblate di Gesù Bambino, la liturgia eucaristica domenicale nel corso della quale suor Maria Beatrice Martelli e suor Donata Bersani hanno rinnovato la loro professione, affermando innanzi a mons Pompili di voler essere fedeli ai loro voti pronunciati mezzo secolo fa.

Gli anziani reatini avrebbero indicato quelle due sorelle in Cristo, molto più semplicemente come sono in effetti conosciute da secoli in città e cioè come le popolari suore di Santa Caterina, che presero da sempre quel nome dalla chiesa attigua al convento, che porta quel nome, e perciò ancora lo conservano. Per la loro missione svolta per tantissimi anni come insegnanti della scuola cattolica nelle cui aule e nel cui collegio sono passate generazioni di ragazze e signorine, a suor Beatrice e a suor Donata parecchie centinaia di quelle ex studentesse sono rimaste per sempre legate ed anche a quell’istituto così capace di praticare e diffondere un’educazione seria e ben radicata, moderna, ma legata agli insegnamenti evangelici e a quel piccolo Bambino Gesù, fonte di sapienza e di discernimento per tutta la loro vita.

È per questo che il cinquantesimo delle due religiose ha avuto un profondo significato ed un riflesso in città e perciò sia la veglia di preghiera tenutasi nella chiesa di San Giuseppe in via Garibaldi, svoltasi giovedì in preparazione del 50° e poi la celebrazione eucaristica di Sant’Agostino animata dal coro della basilica di cui è parroco don Marco Tarquini e il cui maestro è Emanuele Ciogli, sono risultate particolarmente affollate.

La parola del vescovo ha risuonato a lungo tra i fedeli presenti. Un passo di essa, ha toccato i loro cuori, è stato quando ha detto: «Questa parabola risuona qui oggi ed interpella ciascuno di noi, Si può decidere di far riferimento alla coscienza o sbarazzarsene, c’è un margine per il coraggio o la disperazione, c’è una seconda cosa che ci suggerisce il vangelo, ciò che conta per Dio è l’agire, è importante passare all’azione, i giovani sempre più stanno alla finestra a guardare, ma come figli di Dio quel che serve è la concretezza». Poi il Vescovo ha trattato dell’ultima parola che è stata la fiducia: la capacità di rimettersi in discussione e in movimento sempre, ad ogni caduta. «La fiducia sta nella possibilità di cambiare che nei vangeli vuol dire conversione».