I tagli all’editoria danneggiano occupazione e libertà di stampa

Pubblichiamo la lettera aperta al presidente del Consiglio dei Ministri Mario Monti firmata da otto direttori di quotidiani e dal presidente della Federazione Italiana Settimanali Cattolici (associazione cui anche «Frontiera» aderisce). L’articolo, già apparso sabato scorso su «Avvenire» e sul SIR è firmata da Claudio Sardo («l’Unità»), Stefano Menichini («Europa»), Marco Tarquinio («Avvenire»), Leonardo Boriani («la Padania») Dino Greco («Liberazione»), Norma Rangeri («il Manifesto»), Marcello De Angelis («Secolo d’Italia»), Emanuele Macaluso («Il Riformista») e dal presidente Fisc Francesco Zanotti.

«Signor Presidente

Come Lei certamente sa la manovra che il Suo governo ha predisposto rischia di assestare un colpo mortale a un centinaio di giornali che attualmente usufruiscono dei contributi diretti all’editoria ex legge 7 agosto 1990, n. 250: un sostegno già erogato in misura modesta e incerta negli importi, oltre che pesantemente differito nel tempo.

La cessazione dell’applicazione della legge n. 250, prevista all’articolo 29 del recente decreto, avrà riflessi gravissimi sul pluralismo dell’informazione e sulla stessa democrazia, considerato che causerà la fine delle pubblicazioni per l’intero settore della stampa di partito, cooperativa e di idee, notoriamente penalizzato da forti disparità nell’accesso al mercato pubblicitario.

Le saranno altrettanto note le conseguenze occupazionali dell’entrata in vigore dell’articolo 29 del decreto e il contraccolpo economico per l’erario, in relazione agli oneri assistenziali che lo Stato dovrebbe accollarsi in seguito alla chiusura di molte decine di testate e la conseguenza perdita di molte centinaia di posti di lavoro, per un volume di spesa persino superiore a quello che sarebbe necessario per reintegrare il Fondo per l’editoria.

Quanto alla necessità, altresì prevista dall’articolo 29 del decreto, di stabilire diversi, più severi e oggettivamente verificabili criteri di accesso ai contributi, Le ribadiamo che un rigoroso riordino del settore e il disboscamento della giungla delle sovvenzioni è una rivendicazione che noi per primi abbiamo più volte avanzato, sempre inascoltati.

Se però i tempi di questo auspicabile intervento di riordino dovessero risultare lunghi, e si procedesse nel frattempo con i tagli di risorse previsti, la riforma arriverebbe a situazione ormai compromessa, quando i giornali in questione avranno gioco forza cessato di esistere.

Nel rivolgerLe la richiesta di un incontro urgentissimo, Le anticipiamo l’invito a un intervento che scongiuri l’apertura di una grave crisi occupazionale ed eviti in extremis un vulnus irreversibile alla libertà di stampa.

Con i migliori saluti»