43. Famiglia e libertà nella Centesimus Annus di Papa Giovanni Paolo II

Oggi l’uomo è «indotto a considerare se stesso e la propria vita come un insieme di sensazioni da sperimentare anziché come un’opera da compiere. Di qui nasce una mancanza di libertà che fa rinunciare all’impegno di legarsi stabilmente con un’altra persona e di generare dei figli,(…)».

Il tema della famiglia è stato e continua ad essere un tema centrale nella Dottrina sociale della Chiesa. Anche nella Centesimus Annus viene toccato e Papa Giovanni Paolo II inserisce le sue affermazioni in quadro di riferimento più ampio, legato al senso del rispetto della struttura naturale e morale che Dio ha donato all’uomo. Ecco le sue parole: “La prima e fondamentale struttura a favore dell’«ecologia umana» è la famiglia, in seno alla quale l’uomo riceve le prime e determinanti nozioni intorno alla verità ed al bene, apprende che cosa vuol dire amare ed essere amati e, quindi, che cosa vuol dire in concreto essere una persona” (n. 39). L’indicazione che viene fornita è senza ambiguità: si parla della famiglia come il luogo nel quale il bambino può nascere e sviluppare le sue potenzialità nel segno dell’amore ricevuto e dell’amore che s’impara a comunicare, il luogo dove l’individuo diventa consapevole della sua dignità e inizia a domandarsi e a scoprire il proprio progetto di vita pensato da sempre da Dio. La famiglia corre però dei rischi e gravi pericoli. Da una parte si fa fatica a ribadire che per famiglia s’intende quella fondata sul matrimonio, un progetto di vita che Dio ha pensato per le due anime che si giurano fedeltà e aiuto reciproco. Dall’altra è difficile accettare la dimensione della responsabilità che la famiglia comporta, infatti si è autenticamente liberi e maturi solo quando si è capace di essere responsabili. Riconoscersi liberi senza assumersi la relativa responsabilità implica manifestare la propria immaturità. Il Papa continua nella sua riflessione affermando che troppo spesso oggi l’uomo è “indotto a considerare se stesso e la propria vita come un insieme di sensazioni da sperimentare anziché come un’opera da compiere. Di qui nasce una mancanza di libertà che fa rinunciare all’impegno di legarsi stabilmente con un’altra persona e di generare dei figli, oppure induce a considerare costoro come una delle tante «cose» che è possibile avere o non avere, secondo i propri gusti, e che entrano in concorrenza con altre possibilità”. In tal modo si perde il valore sacro della famiglia, l’idea che essa sia realmente un santuario in cui accogliere e far sviluppare la vita, il più bel dono di Dio all’uomo. Credere nella famiglia significa quindi credere e sostenere la cultura della vita contro una cultura della morte che prende forma troppo spesso nella pratica dell’aborto. Il papa si oppone alle politiche contro la natalità perché denunciano l’assoluta mancanza di rispetto della libertà di decisione delle persone interessate, “si tratta di politiche che con nuove tecniche estendono il loro raggio di azione fino ad arrivare, come in una «guerra chimica», ad avvelenare la vita di milioni di esseri umani indifesi”. Alla base di tali nefaste e indegne azioni si trova un sistema etico-culturale che non esita a trattare la crescita demografica solo da un punto di vista tecnico e economico: “(…) l’intero sistema socio-culturale, ignorando la dimensione etica e religiosa, si è indebolito e ormai si limita solo alla produzione dei beni e dei servizi”. La libertà economica è considerata più importante della libertà religiosa o di quella di parola; essa inganna l’uomo, diventa una forma di disorientamento quando è assolutizzata, non permette alle persone di cogliere la natura stessa del proprio essere e del proprio destino. Quando l’uomo non è più interpretato a partire dalla sua dimensione antropologica, la libertà è compromessa, si aliena e si trasforma in un vissuto di oppressione.